La deriva materialistica della società contemporanea

Il denaro è sempre stato un simbolo, uno strumento (di pagamento) e una misura del valore. Va messo in circolo in misura delle necessità del mercato, non è legato ad alcun riferimento di valore intrinseco. Ma il vecchio concetto che viene dalla civiltà antica e da una visione fisiocratica (la terra e il primario innanzi tutto) è duro a morire… Il materialismo, che appartiene, sia all’economia liberale di mercato, sia a quella di ispirazione marxista, ‘fa il resto’ nell’irrigidire le menti nel senso di attribuire al denaro un valore ‘in sé’. Come se dovesse essere rappresentativo di un ‘valore stabile’. Bisogna incentivare l’idea che il denaro sia uno strumento ed evitarne anche la tesaurizzazione. Questa è incentivata da un’inflazione vicina allo zero (prossima, fra l’altro, alla rischiosa soglia dalla deflazione). Si tratta di uno degli errori della politica monetaria dell’UE. Anche la disamministrazione economico finanziaria contribuisce al degrado morale.

E’ un’ironia‘, rispetto ad ogni logica, che la sottocultura materialista (malinteso laicismo, riduzione dell’individuo alla sua ‘spendibilità’, libertà come licenziosità…)  sia dipesa da una serie di travisamenti del pensiero di Platone. Basti dire che, assieme a Dio, scompare l’anima (e la sua esistenza), che era un caposaldo nella mente e nel cuore del filosofo ateniese. Al punto che una delle offese di Platone alla morale cristiana e al cristianesimo consiste nel sottovalutare fino ad azzerare l’importanza del corpo. Questo, viceversa, è fondamentale, non solo per i cristiani, ma per tutte e tre le religioni abramitiche.

Dio valuta tanto il corpo che ‘vi abita’ quando invia il Figlio sulla terra: vero Dio, vero uomo (ma il rispetto per il corpo è costante, è un fondamento assoluto della morale cristiana).

L’illuminismo e il marxismo hanno interpretato in modo ateo ciò che Platone, ispirandosi a Parmenide e Zenone, basava su un altissimo concetto di Dio, prima che dell’anima…

Il concetto di un Dio perfetto e di conseguenza di un suo ‘creato’ altrettanto perfetto (quindi già perfetto da sempre) è molto ‘seducente’ e fu ripreso nel Medio Evo e rilanciato in direzione del mondo a venire dal filosofo Giovanni Scoto Eriugena, che ha ‘contagiato‘ con tale errata concezione anche parte della Chiesa.

Tutt’oggi se ne pagano le conseguenze. Perché questa concezione  non spiega l’esistenza (presenza) del Male, se non come voluto  – anch’esso – da Dio (per esempio come punizione su questa terra, quasi un’anticipazione delle pene infernali). Di fronte ad una frana, una slavina, un terremoto non c’è maggiore blasfemia che dire: “Dio sa quello che fa“.  Dio non farebbe mai del male su questa terra. Il Male è il suo nemico, quello che Lui combatte e, di fronte ad esso, chiama l’umanità a collaborare (questo è il maggiore dei ‘doni’ con cui gratifica chi ha creato a propria immagine e somiglianza, dopo quello di una vita ‘consapevole’).

Nonostante non venga affermato direttamente, questo concetto è ripetuto fino all’eccesso, sia nel Vecchio, sia nel Nuovo Testamento.

Se l’umanità (a partire dall’individuo) non dovesse collaborare a tale lotta ed a tale sconfitta, la morale non avrebbe senso. Peccare o non peccare sarebbe indifferente: la scelta fra il bene e il male non è un gioco, tantomeno è imposta per caso… E’ questo il contenuto immorale del platonismo di cui si accorsero in vita, sia Platone – ripetiamolo ancora una volta – sia il suo epigono Sant’Agostino.

Da tale conseguenzanon volutadel pensiero platonico, nasce l’ errore (paradossale) dell’illuminismo e del marxismo: ambedue, credendo la perfezione ‘a portata di mano’ (perché il mondo è già perfetto o … è quello che è) e raggiungibile cambiando una o poche regole, finiscono per considerare un monolite immutabile la natura e, quindi, ‘tutto il reale’. La Natura – a ben vedere – sostituisce, così, Dio.

Dal sogno escatologico di Parmenide, Zenone e Platone, consegue un materialismo assoluto, così radicato e certo di sé da escludere ogni alternativa. Peggio, discendono forme di nevrosi, come il salutismo e l’ecologismo ideologici.

Prima ancora di trasformarsi in nevrosi questi atteggiamenti sono forme di ritorno a quello che sommariamente definiamo come paganesimo, ma potremmo anche definire feticismo.

Siamo così di fronte a quella che in generale si indica come ‘la crisi morale della società contemporanea’. Ad essa potrebbe reagire la Chiesa con un atteggiamento colto e chiaro.

Oggi, però, né la Chiesa, né il potere costituito dispensano vera cultura. Al punto che non si riesce più a definirne il concetto. In tal modo diventa raro e improbabile – tranne che per una ‘élite’ –  ogni possibile arricchimento ‘culturale’.

L’élite culturale, quando si esprime, tende a parlare – invece – in un linguaggio incomprensibile ai più…  Fra l’altro, si tratta di un cultura sovente specialistica e non di quel ‘largo respiro’ cui la vera cultura dovrebbe essere improntata…

Può anche ritenersi – per non attribuire le colpe ad una sola delle due posizioni mentali presenti nella società – che il problema sia stato incentivato dall’incontro di un potere e di un’opposizione che, anche se si alternano, propongono due differenti scelte, ma ambedue materialiste.

La prima perché ruota attorno al consumismo, la seconda perché considera l’equità economica (il reddito) come la regola unica per perseguire la morale socio civile. In ambedue i casi, l’individuo viene considerato esclusivamente in base al denaro di cui dispone

Infatti, nell’economia di mercato un individuo esiste e vale solo in quanto ‘spendibile‘. Nell’economia socialista l’individuo è classificato in relazione al suo ‘reddito’ (da cui dipende il ‘tasso’ di felicità). Inoltre, nella mentalità socialista, il reddito dell’individuo –  lavoratore viene considerato come ‘quota parte’ di una ‘ricchezza disponibile’. Tale ‘ricchezza’  considerata come quantità ‘anelastica’, tranne la possibilità di un sua riduzione conseguente a ‘fatti naturali’. La giustizia sociale dipende quasi soltanto dalla equità nella distribuzione di tale ricchezza.

Insomma, l’impostazione materialistica delle forme di società che coesistono separate o si compenetrano, è allarmante

Ovviamente, la società socialista è addirittura nefasta,per la sua visione statica delle risorse, per la negazione del dinamismo dell’economia, che in regime di mercato ha possibilità di sviluppo imprevedibili. Del resto, la staticità è la base dell’indole del marxismo – il maggiore errore è nel marxismo (non nel socialismo) e vi assume una dimensione ‘cosmica’ ed anche morale: una caratteristica ‘perniciosa’. Un socialismo ‘possibile’ deve costituire,invece, solo ‘una presenza politica’ nell’ambito di un regime librale e di un’economia di mercato:deve rappresentare un’idea,un punto di vista ed un interesse politico…

Germano Scargiali

Nota

Oggi, dovrebbe esser chiaro (e non lo è) come la più cruenta guerra in corso sia ‘fra il potere finanziario e quello economico’. Il problema è ‘da che parte si schieri il governo‘. Cioè i vari governi. Per questo hanno successo i  sovranisti: perché rivendicano la supremazia del potere pubblico (basato sul mandato popolare) su ogni altro. Il resto è volgare polemica.

Un altro concetto da divulgare (ma, incredibilmente, c’è contrasto in materia anche fra gli economisti) è quello di chiarire il significato odierno della ‘ricchezza’, cioè del benessere, della sua ‘crescita‘, della dinamica dello ‘sviluppo‘: come si innesca e come si persegue.

Oggi – a causa della guerra fra economia e finanza – il maggior dilemma è sul ruolo che la finanza dovrebbe avere e sul metodo con cui gestirla (politica monetaria etc).

Da tempo la terra (il fattore terra), fondamentale per secoli, non è più la base della ricchezza. E non lo è neppure l’oro. Ma paradossalmente la cultura ancestrale non è stata dimenticata, neppure nelle ‘stanze dei bottoni’. Sopravvivono visioni fisiocratiche ed anche dirigiste. Quelle contro le quali nacque in Inghilterra la scienza economica con Adamo Smith. La scienza economica nacque per affermare il ‘liberismo economico‘: sia chiaro!

In una prospettiva che è già in atto neppure le materie prime (difficile a credersi, eh) hanno più il ruolo che avevano ancora fino all’anteguerra. Per quanto necessarie alla produzione, rappresentano l’aspetto secondario del fenomeno produttivo. L’importate è come siano lavorate queste materie prime che il prodotto finito giunga sul mercato e che sia ‘ofelimo’ per il mercato, cioè in linea con le esigenze di questo.

Oggi la ricchezza è basata sul dinamismo del mercato, del ruotare della produzione e dei consumi. Sulla velocità e sulla consistenza di tale rotazione. Per inciso, si guardi alla consistenza dei fattori della molteplicità e del movimento, presenti nella storia del pensiero umano: quanto avessero ragione Eraclito, Democrito, lo stesso Empedocle, rispetto a Parmenide e Platone…

A questo punto, il denaro è divenuto un semplice strumento: mezzo di pagamento e misura del valore. Il denaro esiste solo in funzione delle merci in movimento che esso rappresenta. La ricchezza è determinata dalvalore aggiunto‘ che si realizza alla fine (simbolica, perché il movimento non si arresta mai) del ciclo produttivo.

Se il denaro esiste solo in funzione delle merci e dei servizi in movimento, esso dev’essere commisurato alla necessità di quantificare il valore di tali merci ed alimentarne quel movimento‘. Circolano le merci e circola il denaro. Esso è solo un simbolo: è come se le merci e i servizi fossero fotografati dal denaro.

Bisogna, quindi, immettere in circolazione tanto denaro quanto ne necessiti alla circolazione. Senza immetterne oltre il necessario e considerando che il suo valore è inversamente proporzionale alla quantità emessa ed alla velocità di circolazione.

Sono regole semplicissime: il denaro non ha alcun valore in sé, non dev’essere ancorato all’oro, non dev’essere abbinato a parametri come la crescita e il Pil che sono due grandezze a sé. Il denaro non deve essere praticamente ‘acquistato‘ come avviene sostanzialmente per l’euro, ma emesso  dalla banca centrale nella misura che i mezzi di controllo oggi a disposizione indicano. Ripetiamo: nella quantità necessaria alla sua funzione reale.

La ricchezza aumenta nella misura in cui produce valore aggiunto, al termine ‘simbolico’ di un ciclo di produzione e consumo.

Attenzione che il denaro in circolo non si perde mai, se non quando si usura o si smarrisce. 

Osserviamo che cosa accadrebbe se l’Italia in questo momento, introducesse denaro in più nel ‘circolo’ anche con finanziamenti a fondo perduto (potrebbe farlo se non avesse perduto la sovranità monetaria sull’altare dell’UE, ma può emettere buoni del tesoro al portatore e venderli a prezzo conveniente, con uno sconto immediato sul valore facciale): il denaro incentiverebbe immediatamente la produzione con una serie di vantaggi: lavoro e relativo reddito, consumo di altri beni e relativi ricavi, arricchimento stabile per i beni duraturi prodotti (il top se strumenti da lavoro) che rimangono produttivi. Lo stato potrebbe finanziare opere pubbliche, creando lavoro e realizzando opere utili (quante sarebbero indispensabili…) ad ulteriore produzione.

Pensiamo al Ponte sullo Stretto che incentiverebbe gli scambi e l’esportazione di prodotti agricoli nel continente. Ma rilancerebbe anche i porti dell’Isola. Soprattutto il porto naturale di Augusta, già in grado di accogliere il gigantismo navale. Oggi le navi container vanno altrove, fino a Rotterdam o Amburgo. Preferirebbero, certamente, scaricare ad Augusta le merci che proseguirebbero sul ferrato o attraverso il transhipment (per ora ‘regnano’ Malta, l’Algeria e la Spagna) verso i porti più interni del Mediterraneo. Invece, in assenza del Ponte, si fanno avanti Livorno e Trieste. Il colmo: costringere le navi a risalire il Tirreno o l’Adriatico con le conseguenze logistiche ed ecologiche che si possono già immaginare prima di calcolare…

Speriamo di aver dimostrato quanto importante possa essere una semplice ed elementare ‘iniezione’ di carta moneta, mezzo di pagamento: il denaro è un simbolo che consente di produrre. Se non ce n’è o ce n’è poco come produrre? Sembra uno scherzo. Chi non sa quanto sia ‘bello’ il denaro? Ma proprio per questo bisogna mettere denaro in circolo. Calcolandone la misura, naturalmente.

Ma questa ‘tecnica’ ha accompagnato la rivoluzione industriale fino ai ‘miracoli economici’ degli anni ’30 e poi degli anni ‘ 60 del secolo scorso! Della cui ricchezza prodotta (sotto forma di capitale fisso) godiamo ancora…. Checché ne dica chi sostiene che ‘quei boom’ furono generati a spese delle generazioni future. Forse che i nostri figli non vivono ‘a gratis’ nelle case che ‘costruimmo’ allora? Ma questo è solo il più banale degli esempi.

Speriamo di aver dimostrato anche quanto valgano poco o siano dannose le opinioni contrarie, che ritengono che il denaro abbia valore in sé, che debba essere rappresentativo di qualcosa (oro o produzione ‘vera’ già concretizzata). Il denaro, pur non costando niente, è il punto di partenza della produzione e non è neppure un punto di arrivo, perché la ruota, il dinamismo, è in continuo movimento: in ininterrotto diven

In realtà una delle'corrette' funzioni del fisco sarebbe quella di 'togliere dal circolo' una parte del denaro prodotto in eccesso dallo Stato per alimentare lo sviluppo.Dovrebbero essere due azioni metodiche e parallele da parte dello Stato.,sotto il controllo della Banca Centrale (vedi Banca d'Italia ola Federal reserve).Le nazioni che possono far questone traggonoun enorme vantaggio di cui oggi gli stati dell'UE non godono o godono 'molto male' tramite la Bce.
In realtà una delle’corrette’ funzioni del fisco sarebbe quella di ‘togliere dal circolo’ una parte del denaro prodotto in eccesso dallo Stato per alimentare lo sviluppo.Dovrebbero essere due azioni metodiche e parallele da parte dello Stato.,sotto il controllo della Banca Centrale (vedi Banca d’Italia ola Federal reserve).Le nazioni che possono far questone traggonoun enorme vantaggio di cui oggi gli stati dell’UE non godono o godono ‘molto male’ tramite la Bce.

ire. La ricchezza consiste nell’incentivare questo divenire.

Come dicevano bene gli antichi filosofi del molteplice, la realtà è ‘tutta’ un divenire: in latino e greco, fit, fit,fit, ghignetai, ghignetai, ghignetai.

Volerla cristallizzare – non gestirla, rifiutarsi di subirla – significa persino eternare il peccato originale.

Germano Scargiali

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