Israele e Palestina Oggi si scatena la furia di Hamas, ma si arriverà mai alla pace? Le ragioni storiche di un conflitto che coinvolge Arabi ed Ebrei, ma anche popolazioni cristiane


Il territorio che, attualmente, comprende lo stato di Israele e la Palestina ha subito, nel corso dei secoli, molteplici stravolgimenti politici. Già l’Antico Testamento ci parla di guerre, vittorie, sconfitte, occupazioni, rivolte…

Del resto, non solo il popolo ebraico ha subito, nel tempo, persecuzioni politiche da parte di altre nazioni, ma ciò è accaduto anche ad altre etnie per i motivi più vari. Si dice, in genere, per spiegare tali drammi, che sia l’odio di un popolo per un altro a provocarle o l’impossibilità di convivere quando si hanno culture differenti.

Il che, naturalmente, ha una parte di verità, ma solo una.

Infatti, un fuoco divampa se ci sono le condizioni perché ciò avvenga, ma, a monte, ci vuole pur sempre qualcuno che lo accenda.

Di contro, chi lavora per la pace sa che, in suo favore, si può fare molto, se si collabora.

Qui non si vuole certo ignorare o sminuire il male compiuto da un’organizzazione terroristica come Hamas, che ha compiuto qualche giorno fa delle azioni mostruose contro civili innocenti e ucciso, persino, tanti bambini, anzi, al contrario, proprio per impedire che fatti simili possano ripetersi, la comunità internazionale deve intervenire per trovare soluzioni efficaci.

I massacri avvengono, ormai, da decenni. Israele, ultimamente con Netanyahu, ha seguito una politica di potenza, annettendo i territori dei coloni e stipulando accordi diplomatici con i paesi arabi, in particolare con l’Arabia saudita. Ciò, al governo israeliano, è sembrato sufficiente per mettersi al riparo da eventuali aggressioni esterne, ma così non è stato.

Le forze e i paesi tenuti al di fuori da questo accordo, probabilmente, si sono sentiti esclusi e hanno reagito con la massima violenza, appoggiando Hamas. Israele ha sottovalutato i rischi connessi alla sua politica e, ora, Netanyahu ha dovuto formare un governo di unità nazionale. Evidentemente, la politica di potenza, da sola, non basta.     

Certo, neppure una politica di apertura al dialogo oggi sarebbe praticabile perché sembrerebbe una debolezza, un cedere alla violenza. Questa ennesima crisi mediorientale sembra davvero senza via di uscita, anche perché collegata ad altri scenari di guerra che appaiono, al momento, senza soluzioni: Ucraina, Siria, Nagorno-Karabakh … E’ un po’ la guerra mondiale a pezzi che ha i suo promotori, in alto loco.

Del resto, come non individuare anche grandi interessi economici in chi la fomenta?

I popoli, nonostante gli odi reciproci, possono anche convivere in pace, se si creano le condizioni, viceversa, si vive nella perenne insicurezza.

Una via di pace, in Palestina, viene faticosamente portata avanti, da sempre, dalla Chiesa cattolica. E’ noto che, oltre agli ebrei e ai musulmani, abitino nella regione anche popolazioni cristiane. Nessuno può negare, inoltre, che ci siano i luoghi santi da difendere, quelli cristiani sicuramente, ma anche quelli delle altre due religioni. Tanti pellegrini si recano a Gerusalemme per pregare e la situazione di guerra ne impedisce la visita.

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca cattolico di Gerusalemme, da sempre sostenitore del dialogo, è stato ora attaccato dagli Israeliani, ma senza ascolto reciproco, ci potrà mai essere pace?

Ci sarà sempre violenza, anzi sarà sempre peggio, soprattutto per le popolazioni martoriate che vivono nella regione, vittime della follia omicida di chi punta solo a un potere assoluto.

In tal modo, o ci sarà un vincitore e un perdente, ma più probabilmente, alla fine, solo due perdenti.

Articoli correlati