E’ Natale pensiamo a Gesù

Natalità mistica di Botticelli (particolare). Londra National gallery.

La magia del Natale polverizzerà le note stucchevoli degli “iconoclasti” del 2000, delle contestazioni al presepe e al Crocefisso. Una religione non può offendere nessun, tantomeno quella cristiana cattolica, considerata – lo vogliano o no i contestatori – la religione per eccellenza. Per questo è la prima contro la quale si accaniscono gli atei e gli apostati, ma anche gli agnostici e i bestemmiatori… Contro il Cristianesimo, sostanzialmente, si battono – o quasi – anche i cosiddetti laici, i radical chic, oggi convinti di essere anche alla moda…

Per inciso, ripetiamo ancora una volta che il laicismo non è un credo ma una posizione transitoria (o anche stabile) rispetto ai temi della scienza, della morale e della politica. Non equivale, quindi, all’anticlericalismo, perché questo sarebbe di per sé già un credo e trarrebbe fuori il laico dal suo laicismo.

Ecco, prima di iniziare a parlarne, che già il Natale ci fa riflettere. Per quello che Massimo Cacciari – il sindaco filosofo e accademico d’Italia – definisce da laico, ma con rispetto, come “il paradosso della nostra religione” – un Dio unico e indefinibile, capace – nella nostra concezione – letteralmente di tutto, è al contempo uno e trino, ma è imperscrutabile al punto da farci considerare un errore ogni nostro atteggiamento deomorfo. Mettersi a pensare al posto di Dio (deomorfismo) è fra le strade peggiori da percorrere per avvicinarsi ai gradini della Fede, quelli sempre più alti, dove stanno i santi, quelli che vedono sorridenti da vicino la presenza di Dio. E’ questo ciò che più ci auguriamo di fare.

Al contempo, tuttavia, questo Dio si fa Lui così antropomorfo dal gratificare l’umanità una seconda volta, dopo averle donato la vita assieme alla conoscenza e alla ragione: entra nel corpo umano, ne prende le sembianze e ci mostra personalmente come comportarci… Questa è, nella concezione cristiana, una splendida conferma che Dio ha fatto l’uomo a “sua immagine e somiglianza”. Siamo ancora una volta fra le fascinose ed anche poetiche contraddizioni (i paradossi) del cristianesimo. Un Dio inconoscibile sul quale da una parte non dobbiamo chiederci spiegazioni dati gli ovvi limiti della nostra natura, ci fa figli in qualche modo somiglianti e – fra le somiglianze – c’è certamente il pensiero, i ricordi, i propositi, il senso del bene e del bello… Del resto la famosa asserzione di ,, attribuita da altri e ripetuta più volte in filosofia e teologia, recita: “credo quia absurdum est”, ci credo (proprio) perché è (tanto) assurdo.

Perché Dio fa tanto? Ecco che la tentazione di essere noi deomorfi scatta immediata per la seconda volta sul piano logico. E’ umano che sia così. Abbiamo la ragione proprio per ragionare. Ovviamente.

C’è qualcosa nell’esposizione del Vangelo che ascoltiamo tutto l’anno o nei testi che possiamo leggere direttamente, cui di continuo si allude, ma poco si afferma. E’ l’alleanza di Dio con l’uomo

Consentiteci di usare un elementare esempio calcistico, che potrebbe piacere agli studenti delle medie o alle giovani reclute militari “obbligate” dal capitano ad assistere alla messa della domenica: se noi/umanità fossimo una squadra di calcio che gioca una partita, Dio sarebbe il nostro primo tifoso.

Da questa osservazione dall’apparenza un po’ “stupidina” vogliamo osservare che la partita che giuochiamo è contro il Male. Ed ecco che ci imbattiamo contro una delle più grosse difficoltà: un vero scoglio per la fede in un Dio buono. Ma non per tutti. Partiamo sempre al basso, anche se è un volo pindarico: di fronte al male chi ha fede prega, riafferma o persino conquista la propria fede. Chi non ha fede dubita più di prima. Chi è agnostico resta interdetto anche più di prima, mentre chi è un apostata addirittura bestemmia…

Ora andiamo al vertice del problema. Chi scrive si allinea con l’intuizione teologica che afferma che Dio abbia creato il mondo per migliorare ulteriormente se stesso. Allora una domanda alla Lubrano sorge spontanea: allora non è perfetto? No, è perfettissimo, proprio come dicono i libri, al punto da non lasciare nulla di intentato. E’ come quegli uomini che sembra abbiano ottenuto tutto dalla vita, ma non si fermano. Siamo di nuovo deomorfi? Perdonateci.

Se Dio non avesse desiderato di migliorare ulteriormente se stesso, avrebbe peccato – del resto – di omissione. E questa volta tutti siamo d’accordo: Dio non pecca.

Viceversa – qui è Gesù che parla con i fatti – avrebbe avuto più occasioni per peccare col corpo di fronte ai “tanti” travestimenti del diavolo, che si esibisce davanti a lui in alcuni delle sue peggiori performance.

Attenti che nei Vangeli non c’è nulla di inutile e niente di quello che fa o dice Gesù è casuale. Questo bambino che nasce povero nella mangiatoia di una stalla per smentire tutti “i palloni gonfiati” del mondo, tutti gli uomini che si paludano nelle forme togate e regali… Il suo messaggio contro la presunzione e la violenza è forte, più forte di esse. Lui “Il Re dei re” comincia a dirci subito quale sarà il nostro migliore atteggiamento. Quello da preferire nel corso della vita. Vi sono molti particolari nei Vangeli sinottici che sembrano “fuorvianti” rispetto alla fede che il Nuovo Testamento vuole certo trasmettere. E’ proprio lì che, riflettendo, si scoprono gli insegnamenti più profondi. Gesù, troppo umano e troppo divino, rischia pur di esser chiaro fino in fondo. Approfondendo, ci si accorge che la chiarezza dei tanti esempi pratici, dei brevi racconti – le parabole – quasi degli indovinelli, persino alla ricerca dell’umorismo, il coraggio di osare apertamente ciò che a tanti sembra apertamente sbagliato, disegnano il “Vero Dio Vero Uomo”, ciò cui bisogna aspirare di essere – per difficile che sia – senza infingimenti, falsi atteggiamenti precostruiti, sussiegosa serietà…

Ma torniamo alla creazione. Una conclusione traiamo da quella intuizione teologica: il Male è il margine di miglioramento che Dio si propone di colmare, è il margine di imperfezione che trova in se stesso. Crea una natura meravigliosa – immagine della Sua perfezione – che lascia di stucco un pastorello come Giotto e, al contempo, i maggiori scienziati… Stupisce San Francesco, che s’innamora delle piccole cose, mentre scatena nell’uomo la voglia irrefrenabile del meglio: l’arte, la musica, la scienza, la conoscenza, la mera contemplazione… L’Umanità, provvista di intelligenza, è il massimo plafond della Creazione. Dio offre ad essa la capacità di conoscere tutto ciò e le dona anche l’alleanza: una gratificazione senza pari… Questa osservazione – questa convinzione – vale a smentire, una volta per tutte, l’opinione – oggi fin troppo diffusa – di una umanità possibile nemica del creato, inteso come natura. Quasi che – addirittura – l’umanità non ne facesse parte… Il problema è visibilmente un altro: solo l’umanità è chiamata a lottare contro il male, perché è dotata di ragione e di volontà. Essa e la sola vittima della tentazione peccaminosa. Solo essa ha il dono di poter scegliere il bene come tale o di poter peccare. E’ il dono di lottare e competere nell’ambito di un confronto che – come si desume da quanto sopra – ha un valore sublime.

Nel mondo, contro tanto bene  – infatti – c’è il Male. Esso si presenta sotto almeno cinque forme: l’errore, l’ignoranza, il peccato, la malattia e la catastrofe.

Le prime tre manifestazioni del male si somigliano e sono interne all’uomo: L’uomo che sbaglia indirizza la propria aspirazione al peggio. Sostanzialmente commette una serie di errori e di peccati veri e propri che somigliano tutti in modo allarmante a quello di Adamo. E’ un peccato di pigrizia il voler risolvere tutto con un solo gesto: cogliere un frutto. Al contempo la pigrizia lo porta a ridurre il cosmo, cioè il mondo all’unità. Questa è, forse, una caratteristica ancor più significativa del peccato originale. Dalla molteplicità che caratterizza la natura (mondo, cosmo), solo affrontando la quale è possibile sconfiggere il male (i problemi) tramite una serie di singoli confronti, si vuol “saltare” alla unità. Tale semplificazione è peccato per eccellenza: una sola ricetta, un solo provvedimento, un solo gesto (una legge, forse, come fosse l’agnello d’oro) risolverebbe il tutto: già, come cogliere un frutto… Quel frutto – invece – non va colto: è proibito. La vita va vissuta tutta, accontentandosi di mettere un mattone o qualche mattone, molti mattoni per chi è più bravo, nel muro che costruiamo dentro il quale il male non entrerà. O dovrà farlo sempre più a fatica, fino a restarne fuori…

Torniamo in sintesi alla definizione del male e vediamo che l’umanità ha lavorato seriamente contro ciascuna delle manifestazioni del male. Partiamo da uno dei punti che è più utile alla nostra descrizione: contro la malattia ha lavorato con la medicina, contro la catastrofe con tutti i mezzi di difesa, fino ad istituire i vigili del fuoco, la guardia costiera, la protezione civile, contro il peccato (sintesi anche di ignoranza ed errore) ha creato la legge umana e la cultura, mentre contro il peccato si rivolge certamente con la mente e con l’anima al Creatore concependo – da sempre – la religione.

L’uomo tipico, a 360 gradi nel mondo, è l’homo religiosus, l’homo non religiosus è un “non uomo”, come affermano oggi, oltre ai teologi, gli stessi sociologi.

Cristiano è chi segue la figura e gli insegnamenti di Gesù Cristo, venuto a spiegare e chiarire il senso della religione di Abramo, Mosè Davide e degli antichi profeti… Gli evangelisti, che raccontano sinotticamente, cioè dentro quattro analoghi schemi sinottici, la vita e le opere di Gesù, non dicono nulla “a caso”. A volte sembra affermino fatti che spingono più a non credere che a credere. E’ lì che bisogna applicare maggiore attenzione. Il cristiano afferma con forza la propria fede e non ammette che venga offesa. La religione cattolica è radicale quanto quella musulmana, ma è contro ogni violenza. Prepone la comprensione e il perdono. Tuttavia, non ammette tentennamenti davanti ad altri credi. Il Dio è uno, è quello, è così e non è altro…

Dobbiamo avvicinarci ai santi e amare la figura di Gesù, che si mostra umano fino all’eccesso, chiaro, persino elementare, nella diversificazione delle parabole e degli esempi: a volte indovinelli. Gesù è simpatico, gioisce e si adombra fin quasi a perdere la calma, ama pranzare in compagnia. Nulla è casuale: vuole insegnarci che la vita è bella se sappiamo accorgerci, come alle nozze di Cana, che, se manca il vino qualcosa dobbiamo fare perché la festa agli sposi riesca. E non importa se – per noi – non è il momento, l’ora, il giorno. E c’è quel comandamento che dice “onora il padre e la madre”. E’ la Madonna che glielo chiede…

Stupida la storia del vino? Non tanto. Accogliamo come sempre con una gran festa Gesù Bambino. E pensiamo tanto a Lui. E’ così che si prega. Egli crescerà simbolicamente fino a morire per noi e risuscitare: ci insegnerà a vivere anche quest’anno…

G.Sc.

 

 

 

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