Americani in Sicilia: delitti (tanti) e castighi (pochi)

Il Generale alleato indica Palermo sulla carta. Bombardata dal mare e dall’aria, Palermo fu raggiunta dall’armata alleata dopo quasi un mese in cui la Sicilia resistette con tenacia e coraggio. No: non tutti applaudivano. Anzi… Le truppe sbarcate in sicilia furono più numerose di quelle degli altri sbarchi, compresa la Normandia. Perché gli Americani capivano di aggredire il ‘corpo vivo’ dell’Italia e si proponevano di giungere oltre le Alpi. Fu ciò che poi fecero, sbarcando anche ad Anzio. Risibile l’azione dei partigiani nel nord Italia, che si sfogarono uccidendo i tedeschi e gli stessi italiani, ma poco servirono all’avanzata alleata, nonostante tanta letteratura che dice il contrario. Gli alleati avevano armi potentissime davanti alle quali le truppe dell’asse. poco potevano fare. La potenza americana, soprattutto per la quantità di uomini e armamenti, fiancheggiati da quelli di tutto il Commonwealth, avevano già sorpreso gli italo tedeschi, che vedevano vicina e inevitabile la sconfitta. Resistettero col cuore finché poterono su tutti i fronti… (Leggere in altro articolo sul tema i ‘veri’ fatti di Cefalonia).

Patton in Sicilia durante la ‘campagna d’Italia’: la strenua difesa italiana, la mafia, il fenomeno partigiano anti americano.Paginedi storia poco raccontate. 

Torniamo a pubblicare, riveduta e corretta, la breve storia dello sbarco e della conquista della Sicilia nel 1943 da parte di un imponente esercito paragonabile – come leggerete – a quello del Gen. Montgomery nella conquista di tutta l’Africa settentrionale. Ma come sbarco è considerato il più imponente di tutte le guerre.

Truppa inglese (riconoscibile dall'elmetto) in marcia in Sicilia nel 1943. Gli americani erano tutt'altro che soli. Anzi mandavano avanti 'gli altri'. i terribili fanti marocchini pronti a stuprare le donne non musulmane.
Truppa inglese (riconoscibile dall’elmetto) in marcia in Sicilia nel 1943. Gli americani erano tutt’altro che soli. Anzi mandavano avanti ‘gli altri’: la marina canadese e i terribili fanti marocchini pronti a stuprare le donne non musulmane.

Erano truppe che disponevano non solo di fanteria ma anche di aviazione, carristi e artiglieria. In ambedue i casi, oltre che americani, erano Inglesi, Canadesi, Australiani, Neozelandesi e fucilieri marocchini con licenza di saccheggio e di stupro (ricordate lo stupro descritto ne La Ciociara?).

La difesa era rappresentata in netta prevalenza da truppe italiane con una minoranza tedesca, perché ‘il grosso’ dei tedeschi riuscì, proprio grazie alla difesa della Sicilia, a imbarcarsi nello Stretto per concentrare le forze dell’asse nella difesa di Roma e della strada verso il settentrione e la Germania. In tal senso la difesa ebbe il proprio margine di successo… Ma ormai era chiaro che, per vincere la guerra, gli italo tedeschi potessero sperare solo nell’arma segreta di Hitler, di cui si ‘vociferava’ e che era già qualcosa di simile al raggio laser e alla bomba atomica. Dal punto di vista sperimentale e della ricerca, infatti, Italia e Germania erano avanti agli Stati Uniti e all’Inghilterra (il nucleare, ad esempio, era stato sperimentato a Roma).

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La Germania utilizzò notoriamente i primi missili della storia contro l’Inghilterra. Ma la preponderanza di un esercito nemico formato da truppe raccolte in tutto il mondo’ era assoluta.E anche ‘l’arma segreta’ non giunse in tempo: i tedeschi non avrebbero esitato ad anticipare uno o più eccidi pari a quelli commessi, a breve distanza di tempo dagli americani in Giappone ad Hiroshima e Nagasaki: la più sanguinosa strage di guerra della storia. Fu eseguita con la mancanza di scrupoli degli americani, ma su tecnologia italo tedesca. Gli ufficiali dell’Air Force americana che sganciarono le due bombe impazzirono, poi, per il dolore…

Questo per alimentare ‘il ricordo’, ma soprattutto per far ben capire che cosa sia esattamente la guerra. E’ un confronto vagamente sportivo, ma ben altro che un gioco

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Dal discorso di Patton allo sbarco in Sicilia in poi

Va premesso che, nonostante la enorme disparità di forze, gli ‘alleati’ impiegarono quasi un mese per conquistare Palermo. Ciò dopo averla bombardata dall’aria e dal mare, come avevano fatto con Messina, Augusta e Gela. I bombardamenti non furono ‘chirurgici’, ma colpirono anche duramente anche la popolazione civile. Così fu anche per i mitragliamenti dall’aria…

Truppe americane avanzano in Sicilia. In breve tempo gli 'allaeati',sbarcarono inNormandia eaAnzio. Le forze a disposizione degli alleati erano inimmaginabili al momento della dichiarazione di guerra.
Truppe americane avanzano in Sicilia per la campagna. In breve tempo gli ‘alleati’, sbarcarono in Normandia e ad Anzio. Le forze a disposizione degli alleati erano inimmaginabili al momento della dichiarazione di guerra.

La conquista della Sicilia fu lenta per la resistenza dell’Esercito italiano e i sabotaggi di gruppi di partigiani locali ‘anti americani’. Fu grazie a questi e all’eroismo dimostrato dai reparti italiani, nel difendere, una ad una – spesso alzando il tricolore fino alla morte –  le postazioni, che gli americani ebbero vita difficile e reagirono anche con stizza e crudeltà (non meno di Montgomery ad El Alamein) per la inattesa tenace resistenza approntata dalle forze nemiche – in gran parte italiane – formate da pochi uomini, già stremati e poco armati, oltre che con il morale duramente provato dai precedenti fatti di guerra e dalla consapevolezza di come e quanto  la situazione fosse, ormai, disperata. Nonostante questo si organizzarono – nell’attesa dello sbarco – delle feste e spettacoli per la truppa. A Militello Val di Catania si esibì un giovanissimo musicista di nome Pippo Baudo

Lo sbarco in Sicilia fu il più massiccio di tutte le guerre fin qui combattute. E’ sperabile che la stupidità umana non debba giungere a superarlo mai più.

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Gli italiani non avevano aviazione (si aiutarono con la contraerea da terra) e gli Stukas tedeschi erano impegnati sulla Manica, assieme ai pochi aerei italiani rimasti. Hitler li volle là da Mussolini che aveva offerto i suoi Bersaglieri. La flotta aerea italiana era formata da velivoli troppo lenti e non corazzati. Gli aviatori italiani – eredi i Francesco Baracca e della gloriosa flottiglia del Cavallino rampante cui appartenne anche Enzo Ferrari – supplivano con maestria e con l’eroismo personale, fino alla morte che risultava quasi certa.  In realtà l’Italia aveva un prototipo degno e forse superiore agli Spitfier e agli Stukas, ma non ebbe il tempo di metterlo in produzione. Era italiano l’aereo a reazione più veloce del mondo: deteneva il primato assoluto di velocità in aria. Era italiano il primo elettrotreno della storia che deteneva il primato mondiale di velocità su tratta di linea, stabilito sulla Milano-Bologna (ET 1- tutt’ora l’italia, che inventò l’elettrotreno sulla scia della avveniristica (allora) Littorina è la leader mondiale del settore ferroviario e nella cantieristica navale – vedi articolo sulle ‘Fregate Bergamini’ appena commissionate dagli Usa).  

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Così disse George S. Patton

Il 27 giugno 1943, durante la preparazione delle truppe statunitensi in vista dello sbarco in Sicilia, il comandante della 7ª Armata statunitense, generale George Smith Patton, tenne un rapporto agli ufficiali della 45ª Divisione di fanteria, nel corso del quale tenne un discorso per motivare i soldati, che in alcuni passaggi fu molto duro ed esplicito:

«Se si arrendono quando tu sei a due-trecento metri da loro, non badare alle mani alzate. Mira tra la terza e la quarta costola, poi spara. Si fottano, nessun prigioniero! È finito il momento di giocare, è ora di uccidere! Io voglio una divisione di killer, perché i killer sono immortali!»

(George Smith Patton)

Subito dopo lo sbarco in Sicilia le unità statunitensi si diressero verso gli aeroporti siti nella parte meridionale dell’isola. Si segnalarono già alcune stragi di civili, come quella che avvenne il 10 luglio 1943 a Vittoria, dove trovarono la morte dodici italiani, tra cui il podestà fascista di Acate, Giuseppe Mangano, e il figlio diciassettenne Valerio. Quest’ultimo, riuscito a divincolarsi, cercò di soccorrere il padre, ma fu ucciso da un colpo di baionetta al volto.

In particolare, il 180º Reggimento della 45ª Divisione di fanteria si diresse su quello di S. Pietro, identificato sulle carte statunitensi come aeroporto di Biscari-Santo Pietro. L’attacco ebbe inizio nel corso della notte fra il 13 e il 14 luglio 1943, e i reparti dei difensori, in massima parte italiani, con nuclei tedeschi, dopo un’accanita resistenza si arresero alle forze statunitensi nel pomeriggio.

Le stragi

La prima strage da parte del Capitano Compton

L’aeroporto di Santo Pietro era presidiato da una guarnigione di avieri comandati dal Capitano Mario Talante, da un battaglione di artiglieri al comando del Maggiore Quinti e da un reparto minore di truppe tedesche. Dopo intensi bombardamenti, l’aeroporto fu accerchiato all’alba del 14 luglio 1943. Gli avieri, la sera prima, furono divisi in due gruppi.

La Jeep che in gran numero d'esemplari risalì l'Italia. Adesso è prodotta dalla Fiat che controlla la FCA e l'Iveco, dopo aver inglobato la Chrysler Willis americana e la Magiurus Deutz tedesca.
La Jeep che in gran numero d’esemplari risalì l’Italia. Adesso è prodotta dalla Fiat che controlla la FCA e l’Iveco, dopo aver inglobato la Chrysler Willis americana e la Magirus Deutz tedesca. Oggi è Fiat anche la Ferrari, diva di cui la F1 non potrebbe far meno…

Con certezza un gruppo, armato con i moschetti 91, fu lasciato in una casamatta nel tentativo di contenere l’avanzata degli americani. Furono presto presi prigionieri e uscirono dal rifugio con le mani alzate, mentre qualcuno sventolava un fazzoletto bianco in segno di resa. Ai ‘prigionieri‘ furono tolti vestiti, scarpe, oggetti di valore e subito furono messi in fila per essere fucilati per ordine del capitano John Compton. Di questo gruppo si salvarono solo due militari italiani (il caporale Virginio De Roit e il soldato Silvio Quaggiotto) che ai primi colpi riuscirono a darsi alla fuga e a nascondersi presso il torrente Ficuzza.

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In questo frangente perì anche il famoso atleta tedesco di salto in lungo Luz Long amico stretto di Jesse Owens. Avevano partecipato ai Giochi olimpici di Berlino del 1936, la prima grande olimpiade della storia,superata poi nel 1960 dalla Grande Olimpiade per eccellenza,quella di Roma. A Berlino europei e americani gareggiarono in pace. Poi, temendo i sogni di gloria e i progressi tecnologici realizzati da Germania e Italia, gli angloamericani decretarono le sanzioni economiche nei confronti di ambedue le nazioni. Queste, essendo alacri nazioni manifatturiere depositarie di grande know how,ma bisognose di materie prime, dovettero reagire con atti di guerra. Quando, dopo aver tentato abilmente di salvare la pace, Benito Mussolini (proposto per un Premio Nobel) decise con riluttanza ad entrare in guerra, proclamò da palazzo Venezia: “Ad atti di guerra rispondiamo con atti i guerra“. Forse non lo fu – esattamente – per la Germania, ma la guerra dell’Italia fu una guerra difensiva.

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Il mattino del 15 luglio il cappellano militare tenente colonnello W.E. King, un cappellano della 45ª Divisione, trovò una fila di cadaveri sulla strada che dall’aeroporto portava al paese di Biscari, a pochi metri da una grande quantità di bossoli americani, per un totale di 34 italiani e 2 tedeschi. Il tenente colonnello King trovò altri cadaveri allineati, quindi, presumibilmente, fucilati, prima di giungere all’aeroporto. Qui venne a conoscenza di un ulteriore gruppo di militari italiani fucilati.

La seconda strage da parte del Sergente West.

Un altro gruppo di prigionieri, incolonnato per essere condotto nelle retrovie e interrogato dagli uomini dell’intelligence, fu affidato al sergente Horace West, con 7 militari. Durante il tragitto si aggiunsero al gruppo altri 37 prigionieri, di cui 2 tedeschi. Dopo circa un chilometro di marcia furono obbligati a fermarsi e disporsi su due file parallele, mentre West, imbracciato un fucile mitragliatore, aprì il fuoco compiendo il massacro. Al centro della prima fila c’era l’aviere Giuseppe Giannola, che fu l’unico superstite.

Questi, in una relazione inviata al Comando Aeronautica della Sicilia, ricordò:

“Fummo avviati nelle vicinanze di Piano Stella ove fummo poi raggiunti da un altro contingente di prigionieri italiani del R° esercito, e questi ultimi in numero circa di 34. Tutti fummo schierati per due di fronte – un sottufficiale americano, mentre altri 7 ci puntavano con il fucile per non farci muovere, col fucile mitragliatore sparò a falciare i circa 50 militari che si trovavano schierati. Il dichiarante rimasto ferito al braccio destro [rimase] per circa due ore e mezzo sotto i cadaveri, per sfuggire ad altra scarica di fucileria, dato che i militari anglo americani rimasero sul posto molto tempo per finire di colpire quelli rimasti feriti e agonizzanti”.

(Dalla relazione dell’aviere Giuseppe Giannola del 4 marzo 1947 al Comando Aeronautica della Sicilia, miracolosamente sopravvissuto fingendosi due volte morto).

Giannola, quando pensò che gli americani se ne fossero andati via, alzò la testa nel tentativo di allontanarsi, ma da lontano qualcuno gli sparò con un fucile colpendolo di striscio alla testa. Cadde e si finse di nuovo morto. Restò immobile per circa mezz’ora fin quando, strisciando carponi, raggiunse un grosso albero. Vide degli americani con la croce rossa al braccio e si avvicinò. Gli furono tamponate la ferite al polso e alla testa e gli fu fatto capire che da lì a poco sarebbe sopraggiunta un’autoambulanza, che l’avrebbe trasportato al vicino ospedale da campo. Poco dopo vide avvicinarsi una jeep e fece segno di fermarsi. Scesero due soldati, uno con un fucile, che gli domandò se fosse italiano. Alla risposta positiva il soldato statunitense gli sparò, colpendolo al collo con foro d’uscita alla regione cervicale destra, risalì in macchina e si allontanò.

Ma Giannola aveva la pelle dura oppure non era proprio giunta la sua ora

Poco dopo sopraggiunse l’autoambulanza che lo raccolse trasportandolo all’ospedale da campo di Scoglitti. Due giorni dopo fu imbarcato su una nave e portato all’ospedale inglese di Biserta e ad altri del Nord Africa. Rientrò in Italia il 18 marzo 1944 e fu ricoverato all’ospedale militare di Giovinazzo. Al termine del conflitto, in data 4 marzo 1947, presentò al Comando Aeronautica della Sicilia un resoconto di quanto accaduto, ma rimase inascoltato. Negli anni che seguirono continuò inutilmente a far sentire la sua voce, fino a quando, assistito dal figlio Riccardo, raccontò tutto al procuratore militare di Padova, il quale aveva aperto un fascicolo per la storia di un altro sopravvissuto al crimine di guerra consumato negli stessi luoghi, per mano del capitano Compton.

Le conseguenze giuridiche della strage

La procura militare statunitense incominciò gli accertamenti sui due episodi su insistenza del cappellano King che aveva interessato il generale Bradley, e rinviò a giudizio due graduati del 180º Reggimento, il sergente Horace West (Compagnia A) e il capitano John Compton (Compagnia C).

Fu accertato che il sergente Horace West aveva ricevuto l’ordine di trasferire al comando di battaglione 37 prigionieri nemici ma, giunti in un uliveto, li aveva ‘personalmente’ fucilati con la propria arma di ordinanza

Il sergente West si difese sostenendo che gli ordini dal Comando d’Armata erano di uccidere i militari nemici che non si fossero arresi immediatamente, sulla base del discorso già citato del Generale G.S. Patton, riportato ai gradi inferiori dal comandante del 180º reggimento con le stesse parole. La Corte marziale, comunque, giudicò West colpevole, per aver ucciso militari che ormai avevano già ottenuto lo status di prigionieri, e lo condannò all’ergastolo. Fu incarcerato fino alla fine di novembre del 1944, ma presto fu rimesso in servizio sullo stesso fronte italiano, come soldato semplice. Le notizie riguardo il suo destino sono contraddittorie, ma secondo alcuni degli autori che si sono occupati del caso, è probabile sia sopravvissuto alla guerra ed abbia vissuto fino a tarda età…

Anche il capitano Compton si riferì al discorso del gen. Patton per giustificare le proprie azioni, dato che aveva fucilato i militari italiani, circa quaranta, subito dopo la loro resa. Compton concluse la propria difesa sostenendo di aver agito sulla base di istruzioni del Comandante di Armata, generale con tre stelle e una grande esperienza di combattimento. Tutti i testimoni – tra cui diversi colonnelli – confermarono le frasi di Patton, in particolare il “se si arrendono solo quando gli sei addosso, ammazzali”.

La corte marziale americana riconobbe quindi che Compton aveva agito nell’eseguire gli ordini superiori, ma nessun procedimento venne avviato nei confronti di Patton, né egli venne interrogato come testimone. Il capitano Compton fu assolto e mantenne il grado, ma cadde in combattimento l’8 novembre 1943, presso Montecassino. Si insinua il dubbio che fosse per mano del ‘fuoco amico’.

Il generale G.S. Patton, in un colloquio successivo, il 5 aprile 1944, col tenente colonnello C.E. Williams, ispettore del Ministero della Guerra sui fatti di Biscari, ammise di aver tenuto un discorso abbastanza sanguinario (pretty bloody), ma di averlo fatto per stimolare lo spirito combattivo della 45ª Divisione di fanteria, che si trovava per la prima volta sotto il fuoco nemico, negando comunque di aver incitato all’uccisione di prigionieri.

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Non troviamo tracciascrittadi un eccidio eseguito nel centro dell’isola con il sistema della decimazione, perfettamente analogo alla fucilazione delle Fosse Ardeatine: furono messi al muro ‘a caso’10 siciliani per ogni americano ucciso. Gli ‘americani’ furono feroci quanto e più dei tedeschi ‘traditi’.

(Mi dispiace di non aver segnato luogo e data ascoltando la voce di chi ‘ben sapeva’ ed era stato chiaro e dettagliato, perché ritenevo che avrei potuto consultare tracce del delittuoso episodio).

Mentre in Italia, infatti, per motivi di opportunità politica, tutti i crimini di guerra compiuti nel 1943 in Sicilia, sono stati sostanzialmente cancellati dal ricordo (vi dice niente questa parola? ‘…non bisogna perdere il ricordo… I giorni del ricordo… Ma con 2 pesi e 2 misure, ovviamente).

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E’ una fortuna che gli eccidi di Biscari ed altri ancora vengano spesso riproposti, ma proprio negli Stati Uniti…

L’epopea costruita in Italia attorno ai partigiani antitedeschi e ‘antifascisti’ ha, invece, cancellato gli eroici episodi dei partigiani antiamericani in Sicilia e gli atti d’eroismo del ‘VERO ESERCITO ITALIANO’.

Fino a guerra inoltrata il popolo italiano approvava il Fascismo, con l’esclusione solo di ‘poche frange’ di immancabili ‘dissidenti’. Fra questi certamente i socialisti (nonancora comunisti) e i ‘popolari’ (non ancora democristiani), destituiti dopo che il Re, vent’anni prima, aveva incaricato Mussolini di formare il proprio governo.

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Nel 1988 da James J. Weingartner e nel 2003 da Stanley Hirshson i fatti criminosi commessi in Sicilia e relative condanne sono stati anche citati come giurisprudenza (i casi analoghi discussi in precedenza perché ‘la giurisprudenza può far legge’, ndr) in occasione dei processi sui fatti di Abu Ghraib (violazioni dei diritti umani commesse contro detenuti nella prigione di Abu Ghraib in Iraq da parte di personale dell’Esercito degli Stati Uniti e della CIA, Central Intelligence Agency, durante gli eventi della guerra in Iraq iniziata nel marzo 2003. Queste violazioni inclusero abusi fisici e sessuali, torture, stupri, sodomizzazioni e omicidi, ndr).

No, la conquista della Sicilia nel 1943 non fu una ‘passeggiata’

Le stragi americane in Sicilia – ancora perfettamente testimoniate – non si limitarono ai due episodi di Biscari, ma erano cominciate il 12 luglio a Vittoria con la fucilazione di 12 tra prigionieri e ‘civili’ e continuarono nelle giornate seguenti con la stessa virulenza a Comiso, dove furono messi al muro senza esitazioni, violando la convenzione di Ginevra, 60 soldati tedeschi e 50 soldati italiani, senza processo.

Fra tutte ecco due stragi storicamente più documentate.

A Piano Stella, città di fondazione in provincia di Agrigento, il 13 luglio fu trucidato un gruppo di contadini.

A Canicattì furono uccisi 8 civili per mano di un ufficiale americano, a Butera, e via dicendo, fino ad arrivare nelle vicinanze di Palermo.

Per lo più si trattò di stragi rimaste nella memoria delle comunità e confermate da diverse testimonianze oculari di soldati italoamericani, per le quali non è però mai stata fatta alcuna inchiesta giudiziaria.

Riconoscimenti

Solo nel settembre 2009 il superstite Giuseppe Giannola fu ricevuto al Quirinale dal Generale Rolando Mosca Moschini, Consigliere Militare del Presidente Giorgio Napolitano, al quale consegnò una lettera appello, rivolta al Presidente della Repubblica, nella quale chiedeva che si facesse di tutto per individuare il luogo ove furono seppelliti i suoi commilitoni, per restituire l’onore ai giovani sterminati quella mattina del 14 luglio 1943, cancellando quindi quei nomi dall’elenco dei dispersi e/o dei disertori.

Il 14 luglio 2012 è stata apposta a Santo Pietro una targa di marmo che ricorda i nomi di tutti i soldati italiani uccisi nella strage insieme a quattro tedeschi. La manifestazione è stata organizzata dai comuni di Acate, Caltagirone, Vittoria e Santa Croce Camerina, in collaborazione con l’Associazione Culturale Storica Lamba Doria.

(Ricostruzione storica di Germano Scargiali)

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