Orlando e Crocetta storie parallele. Da paladini fanno strage in campo mentre Il Pd si smembra e la Sicilia si conferma “guida dell’Italia che volge al peggio”

Ancora Orlando e Crocetta simbolicamente riuniti…

C’è uno strano parallelismo fra Crocetta e Orlando. Differenti “nel tratto”, si assomigliano perché agiscono d’impeto: con la prima idea con cui si svegliano al mattino entrano risolutamente in azione da veri paladini. Del bene? Non crediamo… La nostra diagnosi per ambedue è “schizofrenia”. La manifestano in modo difforme, in conseguenza di: temperamento, educazione, estrazione sociale, cultura. Ma facciamo un po’ di cronaca…

Rosario Crocetta è rimasto da solo a dire di aver ben governato, a parlare di crescita della Sicilia nei “suoi anni” e torna ai propri deliri di onnipotenza. L’ultima uscita è: “io sono il migliore e tutti hanno paura di me”. Forse ha ragione, perché ai siciliani non mancano, certo, i motivi per averne paura…

Ma la “sparata” mediaticamente più ripetuta è ora il suo diktat in vista delle elezioni: “Mi candiderò anche da solo contro tutti e contro tutto se il Pd farà la grande coalizione con Totò Cuffaro e i berlusconiani contro i 5Stelle”. Questo volevano sentirgli dire i media isolani ed è arrivato come una mannaia. La corsa agli scoop, però, non si ferma. Con Crocetta i cronisti hanno solo da spettare un’ora e passa ai suoi “appuntamenti” con la stampa, ma poi le sparate non mancano…

Poi riattacca con le vanterie: “Io ho rotto il sistema affaristico che c’era alla Regione, ho tagliato gli sprechi e mi batterò contro il tentativo di restaurazione”.

Crocetta ha anche invitato il Pd a pronunciare parole definitive contro l’ipotesi dell’ex governatore Totò Cuffaro, che ha scontato una condanna per favoreggiamento alla mafia, di formare una grande coalizione destra-sinistra per sconfiggere i grillini.

Io – iniziando sempre col pronome in prima persona – ho parlato a suo tempo del grande ritorno di Cuffaro. Ora mi fa piacere che anche Leoluca Orlando faccia sentire la propria voce. E gli altri? Che cosa hanno da dire?”, conclude.

Se io – risponde a chi, nel Pd e agli alleati, non vuole la sua ricandidatura – non posso essere il candidato perché il mio governo avrebbe lavorato male, allora ciò vale anche per gli assessori indicati dai partiti che mi sostengono”. Da sempre “il governatore” si attacca a tutto, anche platealmente alla triste realtà della politica fra spartizioni, cariche di governo e sottogoverno. Poco a che vedere con la salute dei cittadini e del territorio…

Leoluca Orlando, che si ricandida alle comunali di giugno, vaneggia di “Palermo capitale della cultura”. Riesce persino ad emulare in tono ridotto, Matera. Sono evidenti riconoscimenti del tipo “Nobel a Dario  Fo”. Non è difficile dimostrare che Palermo, pur dotata – come la Sicilia – di esimi intellettuali (non sono mai stati i “campioni” che ci sono mancati) è, semmai, come tessuto cittadino, la capitale dell’ignoranza. E la Sicilia e la bella Italia, del resto, oggi non scherzano… Leggendo le nostre pagine ne diamo più spiegazioni: storia, musica, arte in genere, letteratura, filosofia sono assolutamente latitanti e la stessa scienza comunemente intesa è preda dell’ideologia: populismo, laicismo ideologico, relativismo etico, ecologismo ideologico… La conoscenza tecnica è diffusa con spirito e dati scientifici. A Palermo si aggiungono il provincialismo e lo scoraggiamento cittadino: è la fine! Tornando a “lui”,  ha accusato di recente il candidato avverso Fabrizio Ferrandelli, che è sostenuto anche da Fi, di accettare il ruolo politico che Cuffaro “si vuol dare”: quello del grande vecchio che persino i Pd, nei corridoi, bisbigliano come …dell’ultimo presidente della regione che abbiamo avuto. Per Orlando, invece, quella di centrodestra è adesso una …coalizione a guida di un condannato per mafia. Un tentativo di intorbidare l’acqua, questo del sindaco uscente. Non l’unico. “Lui” ha la bella abitudine di vendersi la vittoria prima di averla conseguita: lo fece bombando la Rete (la sua sola buona invenzione) e poi proprio in quel paio di occasioni in cui poi perse il confronto. Adesso fa il Maramaldo prima di avere avuto Ferruccio ferito a portata di spada.

Ma, mentre Orlando, il sindaco del capoluogo, ha ancora i suoi irriducibili sostenitori anche fra il popolo, Crocetta, il presidente della Regione, viene ormai paragonato ad un Re Mida al contrario: si dice che ogni cosa che tocchi, la sfascia…

In conseguenza della precarietà politica del presidente, del sindaco di palermo e di quella generale in cui versa l’intera Regione, la Sicilia potrebbe paradossalmente eternare il suo ruolo di “laboratorio della politica nazionale”. Purtroppo un laboratorio del peggio: le elezioni che non si faranno a Roma dovranno per forza farsi in Sicilia e il risultato è che, dopo 4 anni e mezzo, i sondaggi danno il Pd appena al 15 per cento, con un trend negativo che oscilla tra le imposture crocettiane dell’antimafia di facciata e i concretissimi assalti alla diligenza dei cacicchi locali. Arretra il renzismo made in Sicily, mentre prosegue il periglioso assalto dei grillini, sull’ala di rilevazioni elettorali che misurano consensi eccezionali: oltre il 35 per cento.

Sotto l’ala di Matteo Renzi, Crocetta ha ridotto in poltiglia il Partito democratico. Renzi è un prepotente, ma di certo vuole innovare, almeno nell’istologia: manda su tutte le furie tutti i nostalgici, la cui “tigre” vogliono cavalcare i suoi oppositori, i “simpatici” dem. Frattanto, del governo siciliano di “sinistra” con tratti somatici cuffariani non rimangono che i resti… E’ la conseguenza della deflagrazione della galassia centro democratica che Gianfranco Miccichè, tradendo tuti, anche se stesso, determinò nell’ottobre 2012: gettò in un pozzo profondo, in tal modo, lo storico 60 a zero che aveva mostrato l’intima tendenza dei siciliani nel loro insieme.
Uno smembrarsi, quello del Pd in Sicilia ed a Palermo, che sembra precorrere – come dicevamo – quella dell’intero Pd nazionale. Palermo precede e Roma sembra copiare: uno spartito che si ripete dal giorno ormai lontano in cui nella Regione a statuto speciale venne formato un governo di “centro sinistra”, mettendo d’accordo capre e cavoli e dando così il primo suggello a ciò che, pur funzionando inqualche modo per un po’ d’anni, condusse a tangentopoli e al crollo della Prima Repubblica.

L’atmosfera è oggi da caduta dell’Impero romano. L’Italia speri che non sia così: che i barbari non siano i 5Stelle e che qualcuno non si prepari a recitare il ruolo poco esaltante di Romolo Augustolo, ultimo imperatore dei romani che, per colmo d’ironia, portava il nome, anzi un nickname del loro primo Re e fondatore…

Scaramacai

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