Allarme rosso: l’economia italiana grande malata

Il cratere dell’Etna: l’energia è tutto, ma non esiste 1 solo progetto per lo sfruttamento dell’energia geotermica dell’Etna e degli altri vulcani italiani. I tecnici e le maestranze italiane hanno realizzato la più avanzata centrale del genere al mondo nel lontano Nevada su commessa Usa… Energia = industria, agricoltura, autotrazione, acqua, illuminazione, comfort… Inoltre l’italia è il solo paese al mondo che abbia proclamato un no al nucleare e ne abbia realmente sospeso il programma.

Mentre l’Italia cerca faticosamente di darsi un governo, anzi di sapere quale possa essere la realtà del paese, la Nazione tocca il fondo. E’ allarme rosso: Diciotto milioni di italiani – secondo dati freschissimi – non riescono letteralmente a sbarcare il lunario… E’ l’economia interna, con la qualitrà della vita, quella che preoccupa. Oggi è la grande malata…

Tasse record, a fronte di una spesa sociale tra le più basse d’Europa, fanno sì che il rischio povertà o di esclusione abbia raggiunto i livelli di guardia. Così afferma concorde la stampa nazionale e c’è da crederlo. Quel che si nota – anzitutto – è che la classe cosiddetta media, la borghesia che vive la vita d’ogni giorno – l’humus della società civile – non riesce a pagare le tasse per mancanza di soldi in tasca…

Non basta: c’è qualcosa di grave, anzi gravissimo che è entrato nella realtà socio civile. Ali italiani risulta impossibile mettere da parte dei risparmi: inaffidabili i titoli, ingestibili anche i beni immobili con l’introduzione dell’Imu i aggiunta ad Irpef pesantissima, che non tine conto delle spese di manutenzione e, in certi casi, di ristrutturazione ci beni immobili di vecchia costruzione… Questa è la prima causa del crisi del mercato immobiliare e della stasi quasi assoluta dell’edilizia. Questa importantissima attività – specie al Sud – ha proceduto in caduta verticale dopo l’introduzione dell’Imu.

Sembra che lo Stato e l’Europa abbiamo reagito ferocemente quando si è appurato che ad uno stato Italiano in deficit si opponeva un patrimonio privato che era il più alto d’Europa.

Non si è capito che la ricchezza della nazione è anche ricchezza dello Stato e che colpendo gli italiani si penalizza anche lo Stato in cui vivono; fatto di Governo e Territorio. Perché in una visione sana della realtà economica il patrimonio privato è anche un bene pubblico: sulla florida condizione del primo si basa il risultato del prelievo fiscale, ma soprattutto la capacità produttiva, che è fondamentalmente “tutto” in un territorio.

Oggi l’Italia è a piedi scalzi e d ecco che interviene l’analisi realizzata dall’Ufficio studi della Cgia, l’autorevole confederazione artigiana, secondo la quale il rischio di povertà o di esclusione sociale tra il 2006 e il 2016 è aumentato in Italia di quasi 4 punti percentuali, raggiungendo il 30% della popolazione.

Quindi le persone in difficoltà e deprivazione sono passate da 15 a 18,1 milioni. Il livello medio europeo è invece salito solo di un punto, attestandosi al 23,1%: 6,9 punti in meno rispetto alla nostra media. In Francia e in Germania, invece, in questi 10 anni il rischio povertà è addirittura diminuito e attualmente presentano un livello di oltre 10 punti in meno al dato medio Italia.

A livello regionale la situazione al Sud è ancora più pesante e di molto. Gli ultimi dati disponibili riferiti al 2016 ci segnalano che il rischio povertà o di esclusione sociale sul totale della popolazione ha raggiunto il 55,6% in Sicilia, il 49,9% in Campania e il 46,7% in Calabria. Il dato medio nazionale, come dicevamo più sopra, ha raggiunto il 30% (4,1 punti percentuali in più tra il 2006 e il 2016).

In questi ultimi anni di crisi, nota la Cgia, alla gran parte dei Paesi mediterranei sono state “imposte” misure economiche di austerità e di rigore volte a mettere in sicurezza i conti pubblici.

In via generale questa operazione è stata perseguita attraverso uno “smisurato aumento delle tasse, una fortissima contrazione degli investimenti pubblici e un corrispondente taglio del welfare state“.

Una campagna mediatica e di persuasione penetrante operata a mezzo di opinion leader (cenacoli culturali, club, organizzazioni di stampo massonico) ha anche convinto molte persone della stretta necessità di tale misura, dando più importanza agli aspetti monetari (carta moneta, debiti cartacei) che non alla capacità produttiva dei giorni attuali, la quale – grazie alla crescente tecnologia – è così alta da far sì che il vero problema non sia di produrre, ma di consumare…

Si giunge, persino, a propagandare la necessità della cosiddetta “economia circolare”, adducendo vari motivi, anche ecologici, alludendo all’esaurirsi delle risorse, persino degli stessi spazi sul pianeta (concetti e timori ottocenteschi), della carenza di acqua, della inopportunità di produrre energia dall’atomo (una contraddizione, perché il nucleare non emette CO2 perché non è una combustione, ma una reazione) etc.

Se si dà retta all’economia circolare e, in conseguenza di dei supposti risparmi e ricicli, diminuiscono i consumi si danneggia la macchina produttiva e vien meno la funzione del cittadino che. Dall’aspetto economico, è – per prima cosa – un consumatore, lo si voglia o bo.

Sotto il profilo sociale il risultato ottenuto è drammatico: in Italia, la disoccupazione continua a rimanere sopra l’11 per cento, mentre prima delle crisi era al 6 per cento. Gli investimenti sono scesi di oltre 20 punti percentuali e il rischio povertà ed esclusione sociale ha toccato livelli allarmanti. In Sicilia, Campania e Calabria praticamente un cittadino su 2 vive in una condizione di grave indigenza.

Non è difficile dimostrare quanto la strada intrapresa sia sbagliata e quanto l’economia reale prevalga e condizioni quella monetaria: essa non si riprende colpendo l’economia reale!

Nonostante, infatti, i sacrifici richiesti alle famiglie e alle stesse imprese, il rapporto debito/Pil dell’Italia è aumentato di oltre 30 punti, attestandosi l’anno scorso al 131,6 per cento”.

Ormai, la crisi ha colpito tutti i ceti sociali, anche se le famiglie del cosiddetto popolo delle partite Iva ha registrato, statisticamente, i risultati peggiori: i più più preoccupanti. Il ceto medio produttivo, insomma, ha pagato più degli altri gli effetti negativi della crisi e ancora oggi fatica ad agganciare la ripresa. Quando un autonomo chiude l’attività non beneficia di alcun ammortizzatore sociale. Perso il lavoro, si rimette in gioco e va alla ricerca di una nuova attività. Di recente, però, il “riciclo” non è stato facile trovarne un altro. Né i lavoratori dipendenti se la passano meglio: l’età non più giovanissima e le difficoltà obiettive hanno costruito una barriera invalicabile…

In Italia la pressione tributaria (vale a dire il peso solo di imposte, tasse e tributi sul Pil) si attesta – sempre secondo questa recente ricerca – al 29,6% nel 2016. La massima pressione si esercita sulla proprietà immobiliare, con grave danno per l’edilizia e per tutta la realtà economica e civile (come spieghiamo a più riprese qui).

Tra i paesi competitori presenti in Ue nessun altro ha registrato, comunque, tanti danni. La Francia ha un carico del 29,1%, l’Austria del 27,4%, il Regno Unito del 27,2% i Paesi Bassi del 23,6%, la Germania del 23,4% e la Spagna del 22,1″. Al netto della spesa pensionistica, il costo della spesa sociale sul Pil (disoccupazione, invalidità, casa, maternità, sanità, assistenza, etc.) si è attestata all’11,9 per cento. Tra i principali paesi Ue presi in esame in questa analisi, solo la Spagna ha registrato una quota inferiore alla nostra (11,3% del Pil), anche se la pressione tributaria nel paese iberico è 7,5 punti inferiore alla nostra. Tutti gli altri, invece, presentano una spesa nettamente superiore alla nostra. In buona sostanza siamo i più tartassati d’Europa e con un welfare “striminzito” il disagio sociale e le difficoltà economiche sono aumentate a dismisura.

Tutto il “sistema” zoppica sull’intero piano socio civile: privare i genitori della possibilità di lasciare ai figli i risparmi accumulati, togliendo prima ancora agli anziani la possibilità di arrotondare il welfare facendo affidamento alla piccola proprietà immobiliare si uccide la società civile nel suo millenario asseto, lo stesso istituto della famiglia, già tanto minacciato in altri modi…

Tali modifiche al costume ed ai modi di vita che la storia aveva consolidato fanno parte degli errori che il socialismo reale, applicando gli errati principi del marxismo ha già commesso in Urss e nelle altre nazioni in cui tali soluzioni e forme politiche sono state azzardate nel secolo scorso.

Germano Scargiali

E’ una gioa che la nuova presidente del Senato, Elisabetta Casellati, avvocato, componente del Consiglio superiore della Magistratura, persona compitissima, in Forza Italia dal 1994, abbia proclamato l’Italia paese democratico e liberale. Ha poi richiamato il Paese all’equilibrio e al buon senso. Speriamo bene!

In relazione ad un concetto fondamentale espresso sopra, ricordiamo che il governo Berlusconi aveva abolito la tassa di successione…

Inoltre considerare la seconda ed anche la terza casa “un lusso” in Italia è una follia: tassarle pesantemente – come avviene – significa dare un colpo durissimo all’economia di base, privandola di mezzi e di “lieviti”…

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