Fausto Coppi ricordato al Tour da Geminiani

Fausto Coppi con la maglia di Campione Italiano, ma fu anche campione del mondo su strada e di “inseguimento” su pista. Nel 49 Coppi fu il primo ciclista italiano a conquistare Giro e Tour nella stessa stagione agonistica. Fece sua sia la Freccia Vallone che la Parigi – Roubaix…

Ha colpito coloro che ancora ricordano il grande, inconfondibile, Fausto Coppi ancora in sella, capace di grandi imprese, il ricordo che ne ha fatto, nel corso di una tappa del Tour de France in Tv, l’amico Raphaël Géminiani, che gli fu vicino nei periodi della gloria e che condivise con lui il mortale attacco della malaria, contratta nel cuore dell’Africa. Géminiani, però, è sopravvissuto.
Coppi riuscì anche ad “agganciare” i tempi d’oro in cui il ciclismo – già popolarissimo – si avvaleva per la prima volta dello straordinario apporto della Tv, sia pure – allora – rigorosamente in bianconero.

Erano tempi in cui i campioni del pedale apparivano “più uomini”. Forse si maturava prima e si perdeva l’aplomb giovanile oggi di moda. Ma forse era il cliché, allora imperante, dell’uomo fatale, dei tempi, ancor vivi, di Casablanca. Chi sa…

Fausto Coppi e la sua compagna: la "Dama bianca" per l'abitudine di vestirsi di bianco. Forse così si rendeva immediatamente visibile dal Campionissimo agli arrivi. Fu la madre di suo figlio.
Fausto Coppi tutto solo sulle vette. Qui sotto con  la sua compagna: la “Dama bianca” per l’abitudine di vestirsi di bianco. Forse così si rendeva immediatamente visibile dal Campionissimo agli arrivi. Fu la madre di suo figlio. Nonostante le difficoltà, vissero di certo anni felici.

Fausto_coppi_e_giulia_occhini_1956Si pensi alla storia “vietata” di Coppi e la “Dama Bianca”, la signora sposata (Giulia Occhini) che era divenuta la sua compagna. Storia “scabrosissima” per allora, che qualcuno criticava, altri sussurravano, ma che i più già accettavano. Perché certe cose sono sempre accadute…

Dopo due condanne penali (per adulterio e abbandono di tetto coniugale), condannati da Papa Pio XII, Fausto e Giulia si sposarono in Messico. Lei diede alla luce Angelo Fausto a Buenos Aires, Argentina, il 13 maggio 1955, affettuosamente indicato come Faustino. Il loro matrimonio non poté essere ratificato in Italia.

Perché Coppi fu un ciclista indimenticabile? Perché il suo stile era perfetto ma personale, perché andava forte in salita, ma anche a cronometro (suo il record mondiale dell’ora in pista, più volte migliorato). Coppi fu un innovatore nell’allenamento. Fu un campione indimenticabile, incontrandosi con i suoi avversari: Bartali in Italia, Bobet e Geminiani in Francia, Kobler in Svizzera…

Fausto Coppi scalava le montagne sempre seduto sul sellino, immobile nel suo stile, che era fondamentalmente quello di un passista. Risultò anche amabile per il suo sorriso bonario e la sua flemma…

Coppi è considerato – a torto o a ragione – il più grande campione ciclistico d’ogni tempo.

Ecco un brano che racconta gli ultimi giorni di Fausto Coppi.

…Fu una malaria non diagnosticata. I tentativi, vani, degli amici di avvisare i medici convinti che si trattasse di un’influenza o, al più, di una bronchite. Il 2 gennaio 1960, a soli 40 anni, morì il leggendario ciclista Fausto Coppi.

Fu fatale l’errore di sottovalutazione di quella malattia contratta in Africa, nell’Alto Volta (attuale Burkina Faso), nel 1959, quando Coppi, assieme ad altri corridori come Raphaël Géminiani e Jacques Anquetil, fu invitato a un criterium, un’eccezionale corsa nelle vie della città di Ouagadougou, per celebrare l’anniversario dell’indipendenza del giovane paese africano.

Il grande ciclista – detto in tutta Europa il campionissimo – nato nel piccolo borgo di Castellania, fra le colline sopra Tortona, aveva già contratto la malaria durante la guerra, quando, a circa 20 anni, era stato spedito sul fronte africano, eppure, diagnosticata in tempo, era stato curato con il chinino (rimedio fondamentale allora) senza troppi problemi.

La foto - forse - più riprodotta dello sport italiano: i rivali che avevano diviso l'Italia in due, si scambiano la borraccia al Tour. Qualcuno considera l'immagine simbolo dell'Italia della ricostruzione.
La foto – forse – più riprodotta dello sport italiano: Coppi e Bartali, i rivali che avevano diviso l’Italia in due, si scambiano in fuga la borraccia al Tour. Qualcuno considera l’immagine simbolo dell’Italia della ricostruzione.

Tornato in Africa da ciclista – dietro ingaggio di Gino Bartali  che lo volle nella nuova squadra, La San Pellegrino, mentre lui aveva portato per una vita la maglia bianco celeste della Bianchi – “l’Airone” partecipò anche ad alcune battute di caccia nelle riserve di Fada N’gourma e Pama, non lontano dalla capitale, come osservatore, preferendo fare fotografie agli animali e conoscere i nativi di alcuni villaggi sperduti, mentre parlava del suo sogno di commercializzare in Africa biciclette con il suo nome.

Qualche anno dopo, Géminiani, grande amico di Coppi, con cui aveva diviso la camera d’albergo, confermò le pessime condizioni che trovarono dove alloggiarono: “Fummo presi d’assalto dai ‘Moustiques’, i letti non avevano le zanzariere. Fummo martoriati”.

Raphaël e Fausto, in quel momento, si trovarono a vivere lo stesso dramma. Durante le festività natalizie si sentirono telefonicamente: Coppi chiese all’amico di combinare una squadra di corridori francesi per la sua bici, la bici Coppi, ma Géminiani rimandò dicendo che stava male e che aveva una strana febbre. Sintomi condivisi dallo stesso ciclista italiano.

La situazione degenerò per entrambi di lì a poco: a Coppi, con 40 di febbre, fu diagnosticata l’influenza asiatica; in Francia, invece, Raphaël entrò in coma. Qui le analisi del sangue furono rapide e precise: si trattava di malaria. Imbottito di chinino, il corridore transalpino riuscì a salvarsi.

Ecco la possibile svolta per Coppi: la moglie di Raphael telefonò in Italia avvertendo i medici che avevano in cura il ciclista italiano che si trattava di malaria, ma venne incredibilmente ignorata e non presa in considerazione. Le condizioni di salute, peggiorate di ora in ora, precipitarono del tutto: diversi dottori formularono un’altra diagnosi, optando per una broncopolmonite emorragica da virus. Agli antibiotici venne aggiunto il cortisone, ma nulla cambiò.

Il primo gennaio i medici si decisero a ricoverarlo in ospedale. Poco prima di allontanarsi per sempre dalla sua abitazione, Fausto, raccogliendo le ultime forze, chiamò accanto a sé il figlio Faustino e disse: «Fai il bravo, Papo!».

Fausto Coppi fu ricoverato a Tortona, ma non ci fu nulla da fare: il 2 gennaio 1960 alle 8,45 moriva il ciclista, l’uomo e nasceva definitivamente la sua leggenda, il mito.

Ammirato in tutta Europa, osannato in patria, il quattro gennaio sono cinquantamila sul colle di San Biagio a seguire il funerale del “Campionissimo”.

Nella carriera da professionista, durata ben ventuno anni, Coppi vinse nel complesso 151 corse su strada, 58 delle quali da solo per distacco, e 83 su pista. Indossò per 31 giorni la maglia rosa del Giro d’Italia e per 19 giorni la maglia gialla del Tour de France. Al Giro vinse ventidue frazioni, al Tour nove.

Raphaël Géminiani, intervistato dal Giornale, disse: “io rimasi otto giorni in coma, altro che storie. Mi ritengo un miracolato. Quando mi risvegliai era il 5 gennaio. Fu mia moglie a dirmi: ‘Fausto è morto’. Sul tavolino i giornali francesi con i titoli a piena pagina…

Coppi rimase nel cuore di tutti. Per anni persino i francesi sembravano auspicare per l’Italia un nouvel campionissimò. Così apostrofarono Felice Gimondi durante il suo tour vittorioso nel 1965.

(Testo raccolto, commentato e impaginato da Germano Scargiali)

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La “Sanremo” del ’46

Una pagina particolare, mentre muovei primi passi “l’Italia della ricostruzione“. Le strade da Milano a Sanremo sono ancora così buone da disputare la grande corsa primaverile…

La guerra è finita, le corse – dunque – ricominciano e, come tradizione, anche la stagione del ’46 si apre con la Milano Sanremo.
Fausto Coppi non è più alla Legnano ma è passato alla Bianchi, con la famosa maglia bianco-celeste con cui rimarrà fino alla fine.
Ormai la rivalità con Gino Bartali si è accesa e la convivenza nella stessa squadra era impossibile.
Alla partenza da Milano , dopo pochissimi chilometri, il francese Teisseire attacca nella speranza di poter guadagnare qualche premio ai traguardi intermedi.
A lui si accoderanno altri quattro corridori e poi Fausto Coppi. Già a Binasco il gruppetto di testa si e’ formato e resterà invariato fino alle prime rampe del Turchino, dove solo Teisseire riesce a resistere all’attacco di un Coppi scatenato.

Durerà poco: nel corso della scalata al Turchino Coppi stacca anche il francese, presentandosi da solo all’uscita della galleria del Turchino ed incrementando via via il vantaggio: 145 Km. di fuga solitaria che si conclude a Sanremo con 14 minuti di vantaggio su Teisseire e 24 su Bartali ed il gruppo.
Nicolò Carosio, radiocronista della corsa , stupefatto per il distacco accumulato dagli inseguitori, commenta in diretta: “Primo Fausto Coppi e in attesa di altri concorrenti trasmettiamo musica da ballo…”

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