Italiani e scienza – Poco colti? Certo! Ma come, quando, dove…

Gli “opinion leader” sui media, ma anche quelli di tipo “stradale” hanno gioco facile nel comunicare” letteralmente “ciò che vogliono” a chi è culturalmente e tecnicamente poco preparato. Avviene nel caso più frequente. In statistica il dato che più ricorre uguale è detto “moda”.

A Palermo marciano “per la Scienza”. Ottimo: un nostro “pallino”. Quanto vale, infatti, la scientificità – ma anche le semplice “consapevolezza” tecnica – nella società civile? Quanta ce n’è? Pochissima, diciamolo subito. Sembra, però, che – per quanto l’argomento sia positivamente nel piatto – si sia marciato ovunque per affermarne la …solita laicità. Che, per incultura, a-scientificità e vera e propria ignoranza, si identifica con forme di anti religiosità e – persino – di anticlericalismo. In altre parole, se la scienza è laica per natura e per antonomasia, parlare di scienza e religione insieme, scientificamente, è peggio che cuocere pasta e riso nella stessa pentola bollente. Peccato: ci si illude che fosse arrivato il momento buono, di parlare della carenza della cultura scientifica (latitante) nell’uomo medio, ma basta girare l’angolo e…

Il tema, dicevamo, è …di questi giorni: è emerso come un tappo di sughero trattenuto al fondo fino al momento e poi… Poi si scopre, però, che non trattasi del “lievito dell’umanità e della storia” che “monta”. E’ solo un gretto espediente elettorale e il suo strascico in attesa che si formi questo benedetto governo che l’Italia attende più con timore che con impazienza…

Apprendiamo e ve lo comunichiamo come  “La scienza al voto”, ad esempio, non sia adesso il semplice titolo di un articolo di giornale, bensì un’organizzazione costituitasi non sappiamo con quanta rapidità, che fa sentire la propria voce in questo concitato frangente elettorale italiano. E’ sufficiente che battiate (cliccate?) queste parole su Google e troverete più voci: “La scienza al voto” ha anche un sito: www.lascienzaalvoto.it. Cercatelo, se volete e vi può interessare…

Da un comunicato di tale organizzazione, tutto sommato meritoria – ma sì diciamola questa parola “scienza“, parliamone di più – rileviamo che “qualcuno almeno si accorge che la nozione media di scienza e scientificità” è scarsissima fra la gente comune. L’ottica “italiana”, l’auto commiserazione – l’Italia è seduta agli ultimi banchi… – giunge subito dopo: è un leit motiv che conosciamo. Ma ben venga, se servirà da sprone…

I pensatori che più stimiamo hanno di recente stigmatizzato un concetto che era già nostro, ma è consolante vedere affermato a livello di cattedratici e commentato di elevata fama: la cultura media e la conseguente capacità di giudizio – intendiamo esattamente il modo di farsi un’opinione – è ferma all’era presocratica. Cioè, la mentalità diffusa non è ancora neppure al medievale “ipse dixit”, dove l’ipse, cioè la fonte della verità non confutabile era, quantomeno, Aristotele, ma si fa un’idea dei più svariati problemi, afferrando “qua e là”, ma soprattutto da fonte mediatica e da opinion leader “stradali”, cioè dai tanti che “la sanno lunga” che si incontrano ovunque, concetti che hanno spesso la scientificità dell’interesse da parte della fonte o della fantasia del “passante”.

Ma una speranza sorge, per poi smorzarsi – purtroppo – velocemente, quando ci imbattiamo in uno scritto recentissimo (aprile 2018) che ci avverte come una rivista di prestigio si sia accorta che …la scienza alberghi poco fra gli italiani. E lo si rileverebbe dai toni e dai contenuti delle elezioni appena svoltesi… Poi, però, anche stavolta ci delude su che cosa e perché gli italiani dovrebbero aggiornarsi: non perché non sanno che cosa sia uno spartito musicale nella patria della musica, non perché non sanno bere “bene” il vino nel paese che ne produce di più e in più varietà al mondo, non perché di solito non sanno neppure che cosa disse Galileo a proposito della scienza… Vedrete! Vedrete fra poco! Per cui ci porremo le più “classiche” domande del giornalismo: sì, ma dove, quando, come?

Esaminiamo lo scritto, commentandolo “strada facendo”. Non è facile, ma lo faremo: ci comportiamo con una certa disinvoltura con il testo, ripulendolo anche, da qualche “sbavatura” di lingua e punteggiatura, che rivela, leggendolo, come neppure “chi lo scrisse” fosse in realtà di …elevato livello scientifico. Anzi, semplicemente culturale.

…La prestigiosa rivista scientifica Nature bacchetta – dunque – il Belpaese per l’assenza di attenzione da parte della politica. Scarsi finanziamenti e troppi cervelli in fuga. E gli scienziati italiani sottoscrivono un appello perché le criticità legate a clima e ambiente vengano prese in considerazione dai programmi elettorali.

Qui interveniamo noi: il “problema” della carenza culturale in Itali, riferito al “tenore” dei discorsi elettorali, sarebbe quello di sottovalutare il problema climatico e gli accordi di Parigi: che rovina! Magari fosse così o solo così… La verità – la triste realtà – è invece quella che abbiamo sintetizzato all’inizio: la gente comune, in Italia, ma anche all’estero, accetta nozioni prive di vere basi tecnico scientifiche, non sa guardare ai “numeri”, non sa leggere una statistica (oggi la statistica – ma quelle ben fatta – può essere e spesso è letteralmente tutto), non capisce quasi nulla di merceologia, marketing, pubblicità, propaganda. Cade, quindi, facile preda di questi due ultimi “moloch”, o due reti che catturano la gente come fosse un branco di pesciolini… Quante persone su 100 conoscono la differenza fra propaganda e pubblicità? Definirebbero con un po’ d’approssimazione il significato di marketing?

Ometti come robot si scambiano i gusti e le scelte, consumano, infine le identiche cose, volute da pochi altri.
Ometti come robot si scambiano i gusti e le scelte. Consumano, infine, le identiche cose, volute da pochi altri. La cultura, sopita, resta al di sotto dello stesso “nozionismo”.

Conseguenze gravi in fatto di disinformazione? Vi facciamo un esempio “papele papele”, per dirla con Banfi: da sempre in tema di turismo vengono “sbandierati” i valori percentuali di crescita, rispetto allo stesso territorio (Sicilia, Italia…), cioè rispetto a “se stessi”. Ma, se “noi” siamo “cresciuti” del 5%, sarebbe importante vedere quanto sono cresciuti, nel frattempo, i nostri concorrenti. E nello stesso periodo, non rinviando, magari, al trend: se i turisti hanno disertato l’Africa per motivi di terrorismo etc, quanti son venuti in Italia e quanti sono andati in Spagna, in Grecia o anche lontano dal Mediterraneo?

La “scienza” brilla per la sua assenza dai programmi elettorali italiani? Ma “…a bacchettare l’Italia – si legge – è la prestigiosa rivista scientifica Nature, che ha raccolto i timori dei ricercatori, sottolineando come, indipendentemente dall’esito del voto del 4 marzo, l’Italia continuerà a …tagliare le risorse e a dimostrare, in generale, uno scarso interesse per la scienza. Gli argomenti che starebbero dominando la scena sono l’immigrazione o l’euro. Ma niente scienza, a parte la questione dell’obbligatorietà dei vaccini”.

E ancora: “La scienza ha avuto poca visibilità nelle campagne elettorali, anche se gli economisti avvertono che il sistema della ricerca in Italia è in uno stato precario – si legge su Nature, come riportato da La scienza al voto – siamo sull’orlo del collasso”.

Bene, fin qui, in generale. Anzi, benissimo. Ma andiamo avanti.

Lo ha detto alla rivista (Sempre Nature, ndr) l’economista Mario Pianta, docente presso l’Università di Roma Tre, che lavora alle statistiche dell’Italia su ricerca e sviluppo per la Commissione europea. Nature riconosce l’eccellenza scientifica italiana, citando settori quali la fisica delle particelle e la biomedicina.

“…Ma, a differenza di altri Paesi europei, negli ultimi decenni non è riuscita a modernizzare il suo sistema scientifico”, scrive Nature. I nostri scienziati avrebbero denunciato l’estrema complessità delle pratiche per le assunzione accademiche e la burocrazia paralizzante.

“Le organizzazioni di ricerca – si legge ancora su Nature – hanno avuto scarso potere politico e non sono state in grado di arginare la crescente influenza di coloro che hanno demonizzato le vaccinazioni e promosso cure dei ciarlatani”.

Citando Raffaella Rumiati, vicepresidente dell’agenzia nazionale di valutazione della ricerca italiana (Anvur), Nature scrive che il divario di risultati scientifici e investimenti tra il Nord “ricco” e il Sud “povero” si sta allargando, contribuendo ad alimentare la politica regionalista e populista (Hai, hai, hai! Diciamo noi, siamo all’uso disinvolto di termini alla moda, ancora privi – però – di definizione). Nature riconosce che il governo guidato da Paolo Gentiloni ha introdotto alcune iniziative a favore della ricerca, tra cui il lancio di un centro (di ricerca) da 1,5 miliardi di dollari a Milano, lo Human Technopole. E riconosce come il Partito Democratico (hai, hai, questo Nature… Gentiloni, PD…) abbia nel proprio manifesto alcune politiche legate alla scienza che promettono più risorse, maggiori posizioni nel settore ricerca. Ma Pianta riferisce – è sempre La scienza al voto che racconta – come servano ulteriori fondi per supportare altre riforme del sistema di ricerca.

Ma dalla crisi economica del 2008 la già bassa spesa in R & S (ricerca e sviluppo, ndr) dell’Italia è diminuita del 20% in termini reali, ben 1,2 miliardi di euro. Nel 2016 ammontava a 8,7 miliardi di euro. Il budget delle università si è ridotto di circa un quinto – a 7 miliardi di euro – così come il numero di professori a livello nazionale. Il finanziamento per gli istituti di ricerca pubblici non è superiore a quello del 2008, con un calo del 9% in termini reali”.

L’attuale situazione economica italiana, inoltre, non fa sperare in meglio. “Peggio ancora, nel 2008 hanno lasciato il Paese – ha scritto Nature – più scienziati di quanti ne siano entrati, secondo le statistiche dell’Ocse”.

Il Prof. Pianta conferma: “C’è anche una perdita netta di scienziati”. Non è una gran novità, invero: ricordate i “ragazzi di via Panisperna”, a Roma che rivoluzionarono la conoscenza dell’atomo?

Eppure, “…paradossalmente, la scienza (italiana, ndr di La scienza al voto) sta andando bene nel complesso”, si legge sulla rivista. Dal 2005, gli articoli scientifici italiani sono tra i più citati al mondo. L’Italia, secondo la rivista, produce più pubblicazioni per unità di spesa per ricerca e sviluppo rispetto a qualsiasi altro paese dell’Unione europea ad eccezione del Regno Unito. “Il paradosso felice – afferma Pianta – non può resistere ancora. Stiamo andando verso la mediocrità…”

Ma ecco la conclusione del discorso che… “sembrava bello”.

La scienza al voto

Il quadro a fosche tinte dipinto sulle pagine di Nature è confermato dall’appello degli scienziati che in Italia hanno sottoscritto un appello per richiamare l’attenzione delle forze politiche su cambiamenti climatici e ambiente: è l’obiettivo del Comitato “La Scienza al Voto”, composto da 19 fra i maggiori esperti su queste tematiche, che ha incontrato rappresentanti delle maggiori formazioni che si presentano alle elezioni. L’auspicio è che l’accordo sia firmato il primo marzo.

Gli scienziati hanno proposto, e le forze politiche hanno accettato – spiega una nota – che si lavori a sottoscrivere un accordo trasversale a tutti i partiti su un argomento fondante per il Paese: la salvaguardia del suo territorio, delle sue attività produttive, della salute e della sicurezza dei suoi cittadini dai pericoli portati dai cambiamenti climatici.

In sostanza, gli scienziati (bello, ma chi sono questi “scienziati” non differentemente indicati? ndr) hanno proposto che tutti i partiti si impegnino, fin da prima delle elezioni, affinché nella nuova legislatura lavorino insieme, a prescindere dalle maggioranze uscite dalle elezioni, a realizzare tre-quattro punti, decisivi per il paese e al tempo stesso condivisibili da tutti gli schieramenti.

“I tre punti – ha spiegato Antonello Pasini, climatologo del Cnr e coordinatore del Comitato – potrebbero essere il rispetto degli ‘Accordi di Parigi sul clima’ …con la pianificazione di una Strategia Economica Nazionale coerente con la riduzione delle emissioni di gas serra, cui l’Italia si è impegnata; un’accelerazione della transizione verso un’economia decarbonizzata, circolare, a basso consumo di risorse, anche con opportune misure di premialità fiscale e un potenziamento della cooperazione allo sviluppo, con attività di recupero delle terre desertificate e degradate, in modo da offrire alle popolazioni a rischio migrazioni le risorse per poter vivere nelle loro terre; ma si può immaginare anche un grande piano di formazione e informazione della popolazione sui rischi e le opportunità del cambiamento climatico”. (Ah, ecco “il problema”… Ndr)

Il Comitato si impegnerà ad aiutare le forze politiche a definire i provvedimenti di legge necessari alla realizzazione dell’accordo, e al tempo stesso vigilerà sui tempi di approvazione, tenendo informata l’opinione pubblica. –

L’ultima parte dello scritto esaminato, un vero dispaccio finale, lo abbiamo lasciato testualmente, senza correzione alcuna. Anche perché è scritto correttamente (meno la parte superiore).

Tuttavia, si svela la troppo frequente “confessionalità” nella quel oggi ci imbattiamo. La tendenziosità che discende da opinioni ideologiche che, mentre affermano i valori della scienza, posseggono la sola scientificità della fantasia di chi scrive. Opinioni, ripetiamo, ideologiche o presentate per tali. Altre volte dettate – chiaramente – da interesse, dal voler portare una bandiera da sfruttare, per rappresentare uno dei tanti “moloch”, come abbiamo già detto, dietro i quali nascondere e, forse, anche …mangiare.

Quanto al famigerato “clima” e relative variazioni, siamo con Antonio Zichichi e i 5 mila scienziati del mondo che, contro i 500 di Kyoto (quanto di più contraddittorio) sostengono che non vi sia una sola prova scientifica che il surriscaldamento sia veramente in atto, né che sia veramente irreversibile, né che sia influenzato dalle altrettanto famigerate emissioni. Quel che è certo è che vi è una pletora enorme di persone che sopra queste fandonie “ci mangiano”. Ma lo sapete misurare il business che si scatena per trasformare l’economia in “decarbonizzata”?

(D.)

Nota. Quanto a “scientificità”, gli italiani (restiamo qui perché solo è l’Italia che ci interessa) non hanno “ben” capito non solo Galileo, ma neppure Archimede (un corpo immerso in un fluido riceve una spinta pari… oppure, datemi un ponto fermo e vi sollevo il mondo), non sanno che il sole non “brucia” ma splende ed emana calore – come le altre stelle – per via di una continua reazione nucleare. Viceversa si sarebbe già spento da milioni di anni. Non sanno, quindi, neppure le “nozioni”. Figuriamoci se sanno che cosa significhi uscire fuori dal nozionismo e come, mentalmente ne escano di fatto. Lasciamo un paio di “temini” ai docenti di tutta Italia: Un po’ di titoli: “Il nozionismo e il suo contrario”. O peggio: “Idealismo filosofico, ideali e ideologie”. Non per screditare i professori – ne abbiamo di bravi che li svolgerebbero bene, anche benissimo – ma la “massa” scriverebbe temi da comica finale o consegnerebbe foglio bianco.

Il più bel biglietto da visita della cultura italiana nel mondo è la musica lirica e l’italiano medio non sa riconoscere una romanza della Traviata da una de La Bohème, non conoscono il ruolo innovativo di Rossini, il perché della grandezza di Verdi, che cosa sia esattamente la realtà dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma, la differenza fra l’Accademia, l’Orchestra e l’Auditorium Parco della musica…

Chi (di noi, a questo punto)  conosce l’importanza della musica barocca e tantomeno sa riconoscerla?  Eppure è una svolta della musica mondiale. Vittorio Sgarbi ci prese tutti in contropiede facendoci notare che non concepivamo neppure l’importanza di Piero della Francesca: “senza di lui la pittura italiana avrebbe avuto un’altra storia”. E noi eravamo fermi alle elementari: Michelangelo, Raffaello… Tiziano? Ma è importante quanto i primi due? E poi: La Gioconda. Ma Leonardo non inventò il primo sommergibile? Era anche un pittore? Ma, sta Gioconda, perché è l’opera più famosa al mondo? Tanto bella non é, non si capisce da che parte guarda…   Insomma, l’italiano medio non sa  neppure che cosa ci sia fuori della propria porta, non conosce neppure se stesso. Vogliamo dire, in un modo o nell’altro, che viene “lasciato” nella propria crassa ignoranza, già in fatto di cultura generale. Figuriamoci in fatto di scienza e tecnica.

Infine, scienza e religione hanno poco a che vedere, sempre …tecnicamente. Più che negarsi l’un l’altra, non si incontrano. La religione, infatti, si occupa del “trascendente”, la scienza – invece – dell’ “immanente”. E ovvio che la scienza debba essere laica. Ma, per la verità che abbiamo affermato, la scienza non potrà mai provare la verità della religione, ma non potrà mai neppure provare il suo contrario. (G.S.)

 

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