La morte di Matteo Messina Denaro provoca reazioni opposte. Cerchiamo di spiegarne il perché


La morte di un personaggio famoso, che, in vita, ha fatto parlare tanto di sé suscita spesso risposte contrastanti. Non solo nel caso di Messina Denaro, ma anche in altri casi simili, infatti, capita che la morte di un criminale susciti, in alcuni, anche sentimenti di dolore o dispiacere.  Naturalmente si tratta, in parte, di persone legate al personaggio in questione da vincoli di parentela o amicizia, ma non solo. Esiste anche, tra la gente, spesso, un diffuso sentimento di sfiducia o addirittura avversione nei confronti dello Stato e ciò, soprattutto, nelle regioni del sud Italia.

Le ragioni storiche di tale fenomeno sono abbastanza note. L’unificazione della nazione italiana, nel XIX secolo, comportò, infatti, grandi disuguaglianze economiche tra nord e sud della penisola e grandi ingiustizie. I problemi del mezzogiorno vennero aggravati, piuttosto che risolti, e la conseguenza fu un aumento della criminalità e del potere delle cosche.

Se, invece, in questo processo di unificazione, lo Stato italiano fosse stato maggiormente presente con le sue istituzioni, probabilmente il fenomeno criminale non sarebbe stato di tale entità. Del resto, a dirlo, negli anni, sono stati in tanti, non solo scrittori o giornalisti, ma anche magistrati e forze dell’ordine.

Va detto, però, che, oltre alle istituzioni, svolgono un ruolo importante, sul territorio, anche la Chiesa e le associazioni di volontariato, la cui azione può essere decisiva per limitare il potere della malavita e dare sostegno alle forze sane dello stato.

Limitare il giudizio negativo alle varie mafie e bande criminali sarebbe, però, oltremodo restrittivo, senza considerare il ruolo giocato dallo Stato, vogliamo, infatti, dimenticare gli appoggi da esse ricevuti, nel tempo, dagli stessi organi dello Stato o le difficoltà incontrate, nella loro battaglia contro il crimine, da Falcone e Borsellino?

Tutte le volte che lo Stato non riesce a difendere in modo adeguato le forze dell’ordine, i collaboratori di giustizia, i pentiti di mafia e chiunque dia informazioni utili ai fini della ricostruzione dei fatti criminosi avvenuti, le mafie ne escono rafforzate. Non si può chiedere alla gente di collaborare se, poi, non si è in grado di difenderla.

L’azione di contrasto dello Stato alle mafie, inoltre, è fondamentale, ma non ancora sufficiente a combattere la criminalità, se non si permette a un territorio di crescere, di svilupparsi. Occorrerebbe, infatti, nel contempo, sostenere anche l’imprenditoria e il mondo del lavoro, tramite la semplificazione burocratica, di cui tanto si parla, ma ancora non si vede. Infine, la collaborazione della UE, anche questa poco incline alla soluzione dei problemi dell’Italia.  

In conclusione, ci sembrano troppe le difficoltà, nonostante le buone intenzioni dell’attuale governo.  

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