La nascita, la ragione, lo stupore e la fede

Cartesio (René Descartes, 1596 – 1650) con il suo “cogito ergo sum” rivendicò la certezza dell’esistenza umana. Tale certezza la riferiva – però – all’esistenza dell’individuo come pensiero: “penso, dunque esisto”. Cartesio, la mente più profonda dell’illuminismo, si dedicò ad assodare il corretto concetto di laicismo. Tale termine non esisteva ancora e veniva assorbito dal concetto generico di nell’ateismo. Ma concettualmente Descartes seguì una linea chiara nel tentare di stabilire la non contraddizione fra ‘laicismo’ e religione. Aveva studiato dai gesuiti e – nonostante non avesse fede ferma – conservò sempre buoni rapporti umani e ideali con i religiosi in genere. Ciò lo distinse nel filone del pensiero illuministico. Secondo chi scrive, Cartesio, nell’affermare – sorretto da una certezza di valore scientifico – la centralità del pensiero, esalta già il valore della nascita (la venuta al mondo) e del dono della conoscenza… E’ importante comprendere – come scriviamo spesso – che il laicismo non è una posizione “idealistica”, non può costituire un’ideologia, perché cadrebbe in contraddizione:diverrebbe una fede. Il laicismo è solo una posizione del pensiero nell’accostarsi allo studio delle verità tecnico scientifico filosofiche.

La nascita

Nascendo siamo tutti sfuggiti alla più grande disgrazia che potesse colpirci: quella di non nascere. Nascere significa passare dal non essere all’essere, cioè dal nulla assoluto all’esistere. Ciò ci consente, poi, di conoscere e pensare. Come spiega G. Leopardi nelle Operette morali, questo distingue gli umani dalla materia inanimata e, anche dalla istintiva vita degli altri animali. La “materia bruta” ci schiaccia fisicamente, ci sovrasta e soprattutto ci sopravvive. Solo noi umani, però, ci accorgiamo della reciproca esistenza e approfondiamo la conoscenza del creato. In altre parole, si può constatare una verità basilare: tutto fa parte della realtà del cosmo, ma solo l’umanità è in grado di conoscere tutto il resto. Per di più, con un approfondimento che, in tempi successivi a Cartesio, non ha smesso di “stupire” anche se stessa…

Il “salto” dal non essere all’essere è il simbolo del divenire (sintesi secondo Hegel). Il divenire è già la colonna portante del venire in essere e ciò deve immediatamente far riflettere.

Sembra un nonnulla, ma c’è una grande corrente di pensiero che fondamentalmente nega il divenire, perché “guarda” all’eterna immutabilità del cosmo, ritenendolo, perciò, perfetto. Ciò, o come antefatto, ovvero in quanto creazione di un Dio che può tutto ed è infallibile. Questo è il concetto i Parmenide e Zenone, accolto anche a Platone, che, con la sua fascinosa eloquenza, ha “insinuato” un pesante dubbio nella storia umana. La Chiesa stessa accoglie sia la concezione platonica, sia il suo contrario…

Il divenire – a ben vedere –  cioè il continuo variare dell’intera realtà del Cosmo, è, invece, un concetto primario nella fede cristiana: Dio è uno e immutabile, ma ha creato un universo che per “qualche motivo” è caratterizzato dal movimento, dal divenire, dalla molteplicità. E’ un universo che – sotto gli occhi dell’umanità stessa – procede seguendo un’evoluzione. La storia propone realtà sempre differenti nel corso del tempo, che – nel trend – sembra finalizzata al meglio…

Se la realtà non fosse molteplice e mutevole, non si potrebbe scegliere neppure fra il peccare e il non peccare. Invece la libertà di questa scelta è alla base della dottrina cristiana. Leggendo le sacre scritture e soprattutto il Nuovo Testamento emerge chiaramente e di continuo che il Dio cristiano desidera una collaborazione da parte dell’individuo e dell’umanità, che deve lottare contro il Male, coloritamente rappresentato dal demonio. Opponendogli la scelta proba e morale, quella giusta: come il Male è un’offesa al Bene e lo aggredisce di continuo, così scegliere il Bene – praticare la libera scelta giusta – equivale ad una “pugnalata” contro il Male.

Nel Cosmo (cioè nella Natura) il divenire è legato alla molteplicità, anch’essa ineliminabile. L’unità è solo in Dio. Solo Dio può vederla conoscerla, concepirla. Se non vi fosse nella realtà della vita la molteplicità non si potrebbe neppure scegliere fra il bene e il male. Se non vi fosse il divenire, dopo il peccato, non potrebbe intervenire il pentimento. Ricercare l ‘unità vicina equivale a ripetere il peccato originale. E’ l’errore di Platone, dell’illuminismo e di altre dottrine che lo condividono: ricorre nella “sinistra hegeliana” che degenera nell’ateismo, nel panteismo, nel materialismo storico, nel marxismo. Ritenere che la perfezione sia vicina e facilmente raggiungibile è peccato: Adamo con un solo gesto – mordere il frutto – s’illuse di raggiungere la perfezione che è – a propria volta – unità, essendo praticamente eterna e quindi immutabile.

L’opposta corrente di pensiero – per inciso – nega tale concetto: ritiene o che il mondo sia stato già perfetto alle origini, ovvero che – essendo quello che è – non vi sia un’evoluzione in corso, né in meglio, né in peggio. Molti ne deducono che la presenza umana, potrebbe – addirittura – soltanto guastare il cosmo.

E’ un assurdo! Perché mai Dio o il cosmo stesso avrebbero fornito agli uomini la conoscenza e la evidente facoltà di scelta se avessero avuto il “disegno” di essere danneggiati? Probabilmente il solo “rischio” per il cosmo è che l’umanità non riesca nel suo ruolo di vincere la battaglia con la storia.

La ragione

Il concetto del “dono del venire al mondo“, rivisitato – appena in un inciso – da Oriana Fallaci in “Lettera ad un bambino mai nato” può divenire la base su cui ciascuno possa costruire la nostra fede in qualcosa di più alto e di diverso che non sia il nostro personale egocentrismo. E’ questa “la condizione” dalla quale troppi individui non escono. Uscirne rappresenta, invece, una grande conquista, forse la più importante conquista morale che l’individuo debba compiere. Con la “crescita”, l’individuo acquista la ragione. Ma l’uso corretto che ne fa dipende da una serie di altre “condizioni” personali.

L’egocentrismo

E’ alle scuole elementari che un buon insegnante cerca di “sbloccare” i piccoli allievi dallo stato di iniziale egocentrismo, che è inevitabile fino al momento in cui il bambino non comincia ad affrancarsi dalla propria necessaria dipendenza da chi lo alleva. L’egocentrismo è, infatti, il punto di partenza dell’educazione, il porto, inizialmente “unico” e sicuro, da cui partire facendo sparire l’orizzonte alle spalle: la rotta guarda  verso un’intelligenza aperta al “numero due“, ovvero a tutto ciò che è “altro”, che è fuori dall’unità iniziale…  L’egocentrismo del bambino è simile all’egoismo degli anziani. Bimbi e anziani dipendono da chi li circonda, quindi la preoccupazione, unica o quasi – che li distoglie dal resto –  è di trarne tutto il vantaggio possibile.

Ciò che noi stiamo dicendo è, però, un altro modo di “affrancarsi” da una certa “gabbia”. La regola generale è che gli individui ne escano, molti altri ne restano – però – prigionieri. Oppure si richiudono in se stessi perché abbrutiti dalla personale insufficienza rispetto ai problemi da affrontare. E’ grave…

Lo stupore

Uscito dall’egocentrismo, l’individuo deve anche imparare a …stupirsi. Se non avesse iniziato a guardarsi intorno, non avrebbe potuto farlo… Lo stupore, di fronte al susseguirsi miracoloso che ci circonda, è fondamentale. Si tratta di un’altra “vera e propria capacità”. Istintiva per molti, ma ottenebrata troppo spesso da interessi materiali e personali, o anche dalle obiettive difficoltà della vita. Queste,nei casi peggiori, portano anche ad un vero  proprio “abbrutimento” dell’individuo che perde di obiettività e fissa di continuo l’immagine del proprio problema personale…

Più svariate sono le sensazioni che stupiscono l’individuo, più questo allarga la propria capacità di giudizio e la possibilità di raggiungere l’equilibrio e quel grado di felicità che è razionalmente possibile e concepibile. La felicità assoluta – per inciso – è da stupidi, perché lo stupore stesso non può non scattare anche nei confronti del male presente nel mondo e dei tanti problemi irrisolti della nostra società. La quale non riesce a far bene neppure ciò che ha perfettamente programmato.

La società civile

La società civile non è perfetta, non è la migliore che l’umanità avrebbe potuto costruire, come ha sempre desiderato, studiando e creando leggi e norme non scritte. La società è solo il risultato della storia, è ciò che l’uomo ha “sputo o potuto” realmente realizzare. Non è, come sperava Platone, il postumo di una riflessione o di un sogno. Tutto questo, anche se è chiaramente opportuno, oltre che caratteristico della razza umana programmare – persino – immaginando anche al di là di ciò che è prevedibile.

Troppo facilmente si condanna di solito la società o anche la politica per ciò che “potrebbe” essere. Quella che è risulta, ovviamente, da ciò che …è stato possibile. Tuttavia è lampante, anche stando a quanto visto prima, riprogrammare tendenzialmente al meglio.

Ricordiamo appena che il “dover essere” costituisce il tema di studio della filosofia (scienza) etica, mentre “l’essere” è il terreno della conoscenza e in filosofia è il tema della teoretica. Non rimane che l’estetica, che coltiva il tema dell’arte.

La fede

Lo stupore – la capacità di sorprenderci per ciò che ci circonda partire dal puntuale fiorire di un fiore – è un passaggio fondamentale per avvicinarsi alla fede.  Alla conquista della fede. Si può non credere, ma è difficile ritenere che credere non sia una condizione migliore. Lo stupore ci porta ad accorgerci del miracolo intorno a noi.

Non c’è conflitto fra fede e religione – lo sottolineava già Galileo – perché la scienza “fa uso” della ragione, mentre la religione si basa sulla fede.

Laico e non laico

Si fa – di questi tempi – gran confusione sulla parola laico, divenuta un’etichetta. E’ una pratica abusata, quasi una moda, di questi tempi…  Se ne parla come se fosse l’opposto della fede, la bandiera “passata in lavatrice” dell’ateismo inteso come un vanto.

Laico e fideistico sono, invece, due atteggiamenti del pensiero umano: Quando “si fa scienza” è opportuno non parlare in termini di di fede, perché la scienza resta nel campo della pura percezione. Al contrario, la religione è la riflessione sul non percepibile. Sono strade separate,anche se dall’una si può intravedere il corso dell’altra, parlando in un’ottica di reciprocità.

Se la religione si presentasse come “vera”, fornendo la prova concreta, cioè strettamente percettibile, della sua “verità”, la storia si fermerebbe. L’umanità sarebbe giunta al traguardo della storia. La storia è evoluzione verso un futuro meno noto, con buona pace dei “futurologi”. Se si dovessero giudicare i futurologi del passato da quello che è stato – in effetti – il futuro che è stato poi vissuto, si giungerebbe alla necessaria conclusione che sono stati “maestri” solo dell’errore.

Chi scrive queste righe ritiene che – senza giungere alle opinioni sui motivi che spinsero il …creatore alla creazione – balza evidente dalle Sacre scritture che il Dio di Abramo – cioè quello cristiano, illustrato in dettaglio da Gesù – il Dio che parlò poi a Mosè e che ha inviato il Cristo  – chiama l’umanità a propria alleata nella lotta tesa a contrastare e, possibilmente, a sconfiggere il Male. Ciò sta avvenendo nel corso della storia…

E’ evidente il progresso inarrestabile di forme migliori di organizzazione civile contrassegnate dal trascorrere degli anni… Né fanno testo i momentanei passi indietro: le norme scritte e non scritte che regolano la vita umana – cui accennavamo – sono migliori oggi rispetto a ieri e, nel tempo, sono passate da una continua serie di trasformazioni “in meglio”.

Il Male è sempre presente e reagisce violentemente per contrastare sia il progresso, sia la fede. L’arma più subdola del Male consiste il travestirsi da Bene spacciarsi per tale. Nell’animo umano tale odiosa abilità si esprime in modo eclatante e pericoloso, costituendo,nel corso della storia, un rischio ricorrente…

Il  Male si manifesta non solo nel peccato, ma anche nell’errore, nell’ignoranza e attraverso i fenomeni “catastrofici“, naturali o casuali. Questi provocano un danno immediato alla vita, all’edificazione materiale e alla crescita, ma contribuiscono, spesso, anche a far vacillare la fede. Di fronte al ricorrere delle avversità chi crede reagisce opponendo la fede e la preghiera, chi non crede reagisce con la bestemmia e persino con l’apostasia…

Germano Scargiali

 

La Divina Sapienza è rappresentata in più modi.Essa è a fondamento della fede.La sapienza è fra le qualità caratteristiche di Dio, alla base della trinità e unicità
La Divina Sapienza è rappresentata in più modi.Essa è a fondamento della fede.La sapienza è fra le qualità caratteristiche di Dio, alla base della trinità e unicità (vedi l’ultima nota a pie’ di pagina).

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La Sapienza

Si riconosce una linea di condotta abbastanza regolare (che a noi oggi appare alquanto contraddittoria), da Cartesio ad Hegel, secondo cui è possibile affiancare a una filosofia religiosa convenzionale – elaborata anche per ‘accontentare’ i poteri costituiti – una tendenza progressiva all’ateismo (laicismo, atteggiamento laico). Nessuno, per esempio, metteva in dubbio i sentimenti personali di cattolico-borghese che nutriva Cartesio, eppure le sue teorie sono sempre state considerate alquanto eterodosse rispetto a quelle ufficiali della Scolastica.

Come accenniamo nella didascalia, Cartesio  approfondì il tema dei rapporti fra libero pensiero e fede religiosa. Le sue argomentazioni sono di grande attualità nel negarne la contraddizione. Egli stesso rimase sempre legato all’ambito religioso che rispettava in virtù dell’educazione ricevuta dai gesuiti.

Blaise (Biagio) Pascal (1623 1662) è stato un matematico, fisico, filosofo e teologo francese: la sua religiosità andò ben oltre quelladi Cartesio.

Pascal fu un vero genio (anche un bambino prodigio). Ecco che cosa ne disse lo scrittore F. René de Chateaubriand (1768 – 1848), fondatore del romaniticismo francese…

Biagio Pascal (Louvre), scultura in marmo
Blaise Pascal (Louvre), scultura in marmo di Augustin Pajou grande scultore francese vissuto fra il ‘700 e l’800 . (Blaise pron. Blees… ‘esse dolce’)

Ci fu un uomo che a 12 anni, con aste e cerchi, creò la matematica (ricreò sostanzialmente la geometria euclidea senza averla studiata, ndr); che a 16 compose il più dotto trattato sulle coniche dall’antichità in poi; che a 19 condensò in una macchina una scienza che è dell’intelletto (calcolatore meccanico,ndr); che a 23 dimostrò i fenomeni del peso dell’aria ed eliminò uno dei grandi errori della fisica antica; che nell’età in cui gli altri cominciano appena a vivere, avendo già percorso tutto l’itinerario delle scienze umane, si accorge della loro vanità e volge la mente alla religione; […] che, infine, […] risolse quasi distrattamente uno dei maggiori problemi della geometria (Teorema di Pascal, ndr) e scrisse dei pensieri che hanno sia del divino che dell’umano. Il nome di questo genio è Blaise Pascal.

(François-René de Chateaubriand, Genio del Cristianesimo, Terza parte, Libro II, Capitolo VI)

Voltaire si espresse nella Famosa massima: “Se Dio non esistesse occorrerebbe inventarlo” e poi continuò:”mi fanno tanta penna quelli che non percepiscono la fede…”

Infine lo scrittore – pur molto trasgressivo –  Charles Baudelaire (1821- 1867): “Anche se Dio non esistesse la religione resterebbe ugualmente Santa e Divina”.

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O divina Sapienza
sorriso di Dio all’alba della creazione
splendore e bellezza delle sue opere
lampo di gioia negli occhi delle stelle
timore del Signore nei figli di Adamo,
donaci un cuore docile
per comprendere e accogliere le tue leggi di vita!

Nota: questo è l’inizio di una lunga invocazione, una preghiera che si inquadra perfettamente nella tradizione cristiana: Dio, tutt’altro che rinnegare la Sapienza, ne è l’emblema e ne ha trasmesso i semi all’umanità perché “la possegga” pienamente. La conquista della piena sapienza è evidentemente “graduale” ed avviene lungo il cammino della storia, col trascorrere – cioè – dei tempi. Tale concetto è inseparabile dal Cristianesimo.

Nota

Dopo Einstein la scienza ci pone davanti ad un bivio. Esso consiste nella differenza fra la realtà visibile, fenomenica, in cui valgono i concetti scientifici sperimentali (empirismo) ben teorizzati da Galileo. In contrasto si apprende l’esistenza di una nano realtà intima alla materia e, quasi per contrasto, di una mega realtà, in cui funziona una sorta di “regole limite”, non meno reale scientificamente, ma in cui hanno posto solo leggi matematiche e principi non sperimentabili, ma solo deducibili attraverso il calcolo. Si parla di relazione spazio-tempo,si parla di velocità della luce, ma è impensabile che dei “corpi”come li intende la nostra esperienza visibile si muovano a tale velocità o oltre.

C’è chi nega scientificità a ciò che prima era stato considerato scientifico in base alla visione galileiana. E’ pur vero – però – che nella realtà immanente – quella del sensibile –  quel modo di fare scienza è assolutamente corretto.

Che lo spazio sia curvo, che oltre la velocità della luce cambi il concreto decorrere del tempo non è sperimentabile.

Lo stesso genio galileiano aveva intuito il concetto di relatività (materiale) per cui si parla di “relatività galileiana”: 

La relatività galileiana è rimasta in ottimo accordo con i dati osservativi, sino alla fine dell’Ottocento e continua ad essere usata con successo per trattare i fenomeni non relativistici, ossia quelli che si svolgono con velocità (molto) inferiori a quella della luce (c = 299.792,458 km/s).

La realtà in cui si muovono i principi morali, la scelta del bene e del male è esclusivamente la realtà percepita, quella di tutto il percepibile. Non oltre.

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