LA QUESTIONE DELL’AUTOMAZIONE E IL COMMERCIO CON LA CINA

Questa immagine riproduce con dei puntini la concentrazione dei voli aerei. Appena 10 anni or sono la concentrazione era di poco inferiore, ma soprattutto era concentrata sull’Atlantico. Adesso si trova sui cieli di Europa, Asia ed Africa. Il Mediterraneo ne è il cuore e non potrà che trarne grandi vantaggi. Di proprorzioni non prefigurabili. La ‘rendita’ non sarà solo di posizione, perché – comunque – il Mediterraneo guarda all’Atlantico (Americhe), ma sarà dovuta alla propria grande supremazia civile e culturale ed anche tecnologica (tecnologia diffusa).

Pubblichiamo l’articolo dell’apprezzato economista e giornalista Lorenzo Romano che ci gratifica con le sue corrispondenze, anche se non ne condividiamo il contenuto. Contrario alla linea del giornale ed al nostro intimo pensiero. La verità di fondo in cui crediamo è che il Mediterraneo (vedi ‘anche’ raddoppio di Suez ed obsolescenza assoluta di Panama) sia alle soglie di un Neo Rinascimento che sarà economico e per conseguenza anche civile. Tale processo, già in atto, simbolicamnete dal momento in cui la dieta Mediterranea divenne patrimonio dell’Umanità (Unesco)…

Tale processo determinato ‘dalla storia e dalla geografiaviene osteggiato (per stupidità) dal Nord Europa e dagli Usa che non possono non vederlo letteralmente come ‘il fumo negli occhi’. Da qui l’uccisione di Gheddafi, il defenestramento di Berlusconi e dello stesso Cuffaro (che coltivava politica mediterranea e trattati interfrontalieri autonomi), il conflitto per la Crima e la guerra contro la Siria.

Sindrome Cinese è il titolo di un bellissimo film-report degli anni ’80 che tratta dell’incidente occorso alla centrale nucleare Three Mile Island, forse il primo nel mondo. La storia racconta di una “quasi” fusione del reattore il quale piano piano sarebbe sprofondato in modo inarrestabile fino agli antipodi, raggiungendo il territorio cinese

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(Il film porta – evidentemente – a conseguenze estreme la fobia e il timore per il nucleare. Sono sentimenti infondati, assolutamente ideologici. Il nucleare, a parte un paio di casi (solo 3 su decine di centrali) dovuti al danneggiamento di reattori di vecchia concezione, è un’energia sicura ed estremamente ecologica per la facilità di trasporto del materiale radioattivo – una valigetta, anziché una petroliera -, non produce emissioni di sorta (CO e CO2), non essendo basata su una combustione, ma su una reazione nucleare. Il Sole emana il suo calore allo stesso modo: nonostante le apparenze, non brucia e,  se bruciasse, si sarebbe spento da milioni di anni. Il problema delle scorie è risibile: presto ne sarà possibile un uso secondario. Altra energia imminente è l’idrogeno. Solo motivi economico-politici bloccano in realtà tali forme di energia ad altissima resa. Esse sconvolgerebbero l’economia mondiale, nel bene in un mondo di pace, nel male in un mondo di guerra. Potrebbe accadere da un momemto all’altro. Ndr).

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Al contrario, nel XXI Secolo è emerso un altro tipo disindrome cinese” ed è l’invadenza inarrestabile del commercio cinese, il quale sta lentamente occupando e occuperà gran parte dei settori produttivi occidentali: porti, aeroporti, fabbriche, ecc. scalzando di volta in volta intere aree occupazionali, in quanto produce in un modo molto distante dagli standard usuali (in particolare il non rispetto dei brevetti e talvolta anche in dumping) e distribuisce in autonomia con uno scambio export/import nettamente favorevole (ad es. Italia: export circa 15 miliardi anno, import circa 30 miliardi).

Almeno al momento – fortunatamente – si tratta solo di partite di affari ma se un giorno con l’acquisita supremazia commerciale decidesse altro?

Di certo la notizia che la Cina vuole investire 2 miliardi di USD con una concessione di 25 anni per installarsi in una sezione ricostruita del porto di Haifa, potrebbe non suscitare scalpore, visto che Vado Ligure è già sotto il suo controllo e così alcuni altri porti europei il cui investimento complessivo supera i 5 miliardi di euro.
Dal punto di vista economico gli investimenti sarebbero sempre benvenuti, salvo azzerare la concorrenza commerciale e – concedere agli investitori primari – posizioni di assoluto dominio di mercato.

A operazione conclusa con l’inaugurazione del “suo” porto di Haifa, la Cina si ritroverebbe un hub molto importante posto al centro delle strategie politiche mediorientali e africane, di cui ha già buona conoscenza, sostituendosi progressivamente agli USA. Più o meno come sta facendo ai russi nell’area iraniana.

Di là dagli interessi politici, la tendenza che invece suscita numerosi dubbi, è particolarmente evidente nelle intenzioni dichiarate nel progetto, ove si annuncia un poderoso sistema di gestione semiautomatico basato sulla rete 5G, ovvero fare del porto di Haifa, almeno nella parte di pertinenza cinese, il principale centro commerciale dell’area, in tandem con i porti europei già acquisiti e in grado di gestire i milioni di container in transito nei medesimi porti, a prezzi e “certezze” sicuramente inarrivabili.

(La competitività di un porto, nell’ambito dei trasporti intermodali – mare, treno, gommato – e del transhipment si valuta sia dalle tariffe applicate, sia dalla velocità con cui vengono eseguite le operazioni di controllo e sdoganamento dei containers (le merci, ndr).

Quindi, c’è qualcosa d’altro: non si tratta solo di una questione di hub marittimi ma del controllo totale degli scambi commerciali, visto che per ogni container in uscita dall’occidente ve ne sono almeno due o tre in ingresso di provenienza orientale. Del resto non ci vuole molto a capire come la gestione in/out di un porto rende facilmente conto della tipologia di merci in transito e degli utenti interessati.
Queste sono notizie esclusive e riservate ai gestori degli hub, probabilmente nemmeno usufruibili dalle polizie di frontiera in quanto si tratta di milioni di items giornalieri!

Come previsto nel “piano cinese per Haifa”, l’utilizzo di reti di comunicazione ad alta velocità, di sistemi automatici basati su classificatori a intelligenza elettronica, dispositivi IoT, ecc. dà la possibilità di avere una conoscenza anticipata e piuttosto puntuale nelle indagini di mercato, rispetto ai tradizionali metodi standard di ricerca sui consumi della gente o più in generale delle popolazioni coinvolte.
Nel tempo tale conoscenza metterebbe fuori gioco i produttori occidentali.
Questi ultimi troverebbero i mercati già saturi di nuovi prodotti cinesi e allora l’unica loro via d’uscita è di entrare nelle produzioni di nicchia e/o nei mercati secondari (acquisto a prezzo agevolato e rivendita) con evidente perdita di competitività.

L’altra questione difficilmente sindacabile è l’introduzione di architetture informatiche 5G equipaggiate, come già detto, con intelligenza elettronica: in pratica solo con un sistema di calcolo real time si possono gestire (e rintracciare nel mondo) i milioni di container in transito e non solo quelli cinesi.
Utilizzare metodi convenzionali non va più bene a causa dell’estensione del commercio oggi allargato alle produzioni orientali entrati in scena solo da qualche decennio, a seguito della loro completa apertura ai mercati occidentali.

Di contro è noto che tale architettura informativa ridurrebbe i posti di lavoro negli scali ma d’altra parte è del tutto irrinunciabile: ormai il mondo economico del XXI Secolo è impostato sulla velocità degli scambi e al contrasto nel modo più completo dei tempi morti nelle consegne e nei pagamenti. Il paradigma di massima è che il denaro deve circolare e ogni volta che si ferma si perdono interessi!

 

Allora, che cosa fare?

 

Ormai – e in più generale – le nuove tecnologie sono ineluttabili e irrinunciabili, motivo per il quale sta avvenendo un forte distacco tra imprenditoria e società umana: i Governi occidentali non riescono più a tenere il passo con i modelli sociali in essere nel quale sono più o meno immersi e ora stanno perdendo anche il controllo dell’economia.

Il colpo di grazia lo darà la liberalizzazione della crittomoneta (bitcoin e similari): i Governi percepiranno sempre meno tasse e la loro liquidità disponibile subirà una forte contrazione, salterà così il modello monetarista occidentale e di seguito tutto il resto!

In occidente si sta producendo sempre meno grazie all’evoluzione dei processi automatici autonomi (che hanno cancellato la predizione marxiana “l’uomo sarà uno strumento delle macchine”) i quali stanno causando una forte riduzione dei consumatori dovuti alla disoccupazione galoppante e all’inserimento del modello produttivo low-cost attuato nelle aree non occidentali che non ha costi sociali aggiuntivi alla produzione, e nemmeno costi relativi alle protezioni sociali…

Purtroppo, la scelta di taluni Governi occidentali è ridurre l’ingerenza dello Stato nel proprio sistema sociale e produttivo, senza rendersi conto che si stanno avviando verso una regressione lasciando libera l’alienazione del propri territori. Un vero autogol!

Per evitare ciò gli Stati dovrebbero tornare a “fare impresa”, ovvero a calmierare l’eccesso di merci e di investimenti stanieri, ponendo in cima alla lista la realizzazione di propri posti di lavoro produttivi, in grado di effettuare almeno un minimo di contrasto.
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Lorenzo Romano

lorenzo.romano@alice.it

Riproduzione vietata ©

(Corrispondenza esclusiva da Roma)

Nota

Meno che mai siamo daccordo con l’ultima parte di quest’articolo. Non entriamo neanche nel merito. Lo pubblichiamo per rispetto per l’autore. occorre sentire tutte le opinioni. Diciamo appena che la produzione nella nostra realtà agricola e manifatturiera è tutt’altro che fallimentare è, invece, superiore ai bisogni. Il problema è – sin da tempi lontani della meccanizzazione (ed è stato a più riprese superato) – far giungere il benessere a chi ancora non ne gode. Oggi ben pochi producono realmente ciò che consumano e per questo soffrono di segreti complessi. Non capiscono di esserefigli del progresso‘. Tantissimi vivono addirittura di prebende senza lavorare. Unicamente perché ‘la società può permetterselo‘.

Non c’è quella frattura fra stato e non stato di cui parla l’articolo. La società è una: tutto dipende dalla produzione, quando questa è alta la società (stato e cittadini) ne trae profitto. Il progresso non fa che introdurre nuovi processi di produzione. La produzione è ricchezza: non si scappa! La ricchezza, prima o poi, finisce per essere distribuita, con opportuno senso di giustizia o meno. Ma la storia dalla fine del 1700 ad oggi lo dimostra ampiamente e a chiare lettere. Basta con questa vecchia polemica? Con questi antichi timori. Che ricordiamo vennero rispolverati nei tristi primi anni 1950!

Quali processi introdurre? Certamente si va da anni verso forme di reddito di cittadinanza, cui l’Italia giunge in ritardo rispetto ad altri paesi europei.

Oggi si produce di tutto e di più in ogni campo e questo non potrà mai essere di per sé un male. Si  ridurranno ancora le ore di lavoro. Contineranno a sorgere nuovi bisogni. C’è tutta l’assistenza agli anziani ed ai diversabili da coprire. C’è una sana attività sportiva generalizzata da organizzare, ma mille altri modi di dare lavoro, di creare nuove attività, persino nel settore artistico. Ma ‘cose serie’, non lavori inutili, non ‘complicazioni di cose semplici’ o divenute tali grazie al progresso!

 L’uomo ha un’invettiva pari alla capacità di adattamento dei topi… Saprà il da farsi. Non resta che imporsi una dieta per non ingrassare: già lo facciamo! Perché c’è troppo. Ma il troppononostante il famoso dettodifficilmente ‘stroppia’.

Quanto alla crescita dei vicini: ben venga. Cresciamo tutti! Non potremo che crescere anche noi. Si pensi all’Africa: sta per trasformarsi più che in una riserva di risorse, come si attende (perché gli Usa lo hanno impedito all’Europa) da otre un secolo, soprattutto in un grande mercato. E l’Italia è la prima, da ‘grande manifatturiera’ che – per vicinanza e affinità di costumi – più ne tarrà profitto. Ci siano o non ci siano – in Africa – i cinesi. Perché anche i cinesi amano e scelgono i prodotti italiani! E ‘devono’ comprarli, perchè, viceversa, anche noi non potremo più comprare da loro! L’economia è’ dinamica delle merci’, non esiste ‘denaro a senso unico’. Oggi il denaro è meno di niente. appena un impulso magnetico! Lo dice anche l’articolo di sopra. Ma cambia poco. Lo ripetiamo: è la produzioone che conta! Che questo piaccia, Che trovi acquirenti. Che crei valore aggiunto. Cresce chi esce vincitore. Merce contro merce, valore aggiunto contro valore aggiunto. (Purtroppo dal tempo dell’ige alla nascita dell’Iva nel 1974 alla fine del secolo scorso chi scrive collaborò attivamente nella azienda familiare: appena 15 operai al massimo, ma quanto basta per ‘vedere’ queste cose. Cambia la forma ma non la sostanza. E’ la stessa del tempo dei Fenici, anche se allora circolava anche l’oro ed altri metalli in pagamento, mentre da molti anni – fortunatamente – non si usa più, solo carta, impulsi elettronici, e bisogna spiegarlo all’UE dell’euro che dell’oro ha una ‘stolida’ nostalgia).

Da anni il pil della Nigeria, un tempo affamata, supera quello del ricco Sud Africa. Un asse stradale si sta costruendo per raggiungere prima il Cairo e poi Tunisi. Da lì il corridoio proseguirà pe Mazara, Palermo, Messina, Roma, Milano, Berlino. Un asse cartesiano sta partendo da Lisbona diretto (attraverso anche la Torinio-Lione) la lontana Pechino. Il tutto ad alta velocità. A proposito: gli elettrotreni sono prevalentemente di fabbricazione italiana e italo francese. La Cina li predilige. Ha rinunziato ai progetti su cuscino d’aria e simili…

(G.Scargiali)

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Testo inglese dell’articolo in alto

CHINESE SYNDROME 2021

THE QUESTION OF AUTOMATION AND TRADE WITH CHINA

Lorenzo Romano

Correspondence from Rome (italy) exclusively for PalermParla

05 March 2021

Chinese Sindome is the title of a beautiful film-report from the 1980s that deals with the accident that occurred at the Three Mile Island nuclear power plant, perhaps the first in the world. The story tells of an “almost” melting of the reactor which slowly collapsed in an unstoppable way to the antipodes, reaching the Chinese territory. On the contrary, in the 21st century another type of “Chinese syndrome” emerged and it is the unstoppable invasion of Chinese trade, which is slowly occupying and will occupy most of the western productive sectors: ports, airports, factories, etc. ousting entire occupational areas from time to time, as it produces in a way that is very far from the usual standards (in particular the non-compliance with patents and sometimes even dumped) and distributes independently with a clearly favorable export/import exchange (eg. Italy: exports about 15 billion per year, imports about 30 billion). At least at the moment – fortunately – it is only a matter of business but what if one day with the acquisition of commercial supremacy you decide something else?

Certainly the news that China wants to invest 2 billion USD with a 25-year concession to install itself in a reconstructed section of the port of Haifa, may not cause a stir, given that Vado Ligure is already its prerogative and so are some other European ports. Whose total investment exceeds 5 billion euros.

From an economic point of view, investments are always welcome, except for eliminating the commercial competition, grants at primary investors positions of absolute market dominance.

After the operation concluded with the inauguration of “its” port of Haifa, China would find itself a very important hub at the center of Middle Eastern and African political strategies, of which it is already well aware, gradually replacing the US. More or less like it is replacing the Russians in the Iranian area.

Beyond political interests, the trend that instead raises numerous doubts, is particularly evident in the intentions declared in the project, this announces a powerful semi-automatic management system based on the 5G network, that is, to make the port of Haifa, at least in the part pertaining to China, the main commercial center of the area, in tandem with the European ports already acquired and able to manage the millions of containers in transit in the same ports, at prices and “certainties” that are certainly unattainable.

So, there is something else: it is not just a question of maritime hubs but of total control of commercial exchanges, given that for every container exiting from the West there are at least two or three entering from the east. 

After all, it does not take long to understand how the in / out management of a port easily takes into account the type of goods in transit and the users concerned.

These are exclusive news and reserved for hub managers, probably not even usable by border police as they are millions of items every day! As envisaged in the “Chinese plan for Haifa”, the use of high-speed communication networks, automatic systems based on electronic intelligence classifiers, IoT devices, etc. it gives the possibility to have an advance and rather precise knowledge in market surveys, compared to the traditional standard methods of research on the consumption of the people or more generally of the populations involved.

Over time, such knowledge would put Western producers out of the game. The latter would find the markets already saturated with new Chinese products and then their only way out is to enter niche productions and/or secondary markets (purchase at a subsidized price and resale) with an evident loss of competitiveness. The other issue that is difficult to question is the introduction of 5G IT architectures equipped, as already mentioned, with electronic intelligence: in practice, only with a real-time calculation system it is possible to manage (and track down in the world) millions of containers in transit and not just the Chinese ones.

Using conventional methods is no longer good due to the extension of trade now span to oriental productions that have only entered the scene for a few decades, following their complete opening to Western markets.

On the other hand, it is known that this information architecture would reduce jobs in the hubs but on the other hand it is completely indispensable: now the economic world of the 21st century is set on the speed of exchanges and the most complete contrast of dead times in deliveries and in payments. The paradigm is that money must circulate and every time it stops, interest is lost!

So what to do?

By now – and more generally – new technologies are unavoidable and indispensable, which is why there is a strong gap between entrepreneurship and human society: Western governments are no longer able to keep up with the existing social models which they are most or less immersed and now they are also losing control of the economy.

The coup de grace will be given by the liberalization of cryptocurrency (bitcoin and similar): governments will receive less and less taxes and their available liquidity will suffer a sharp contraction, thus
So what to do?

By now – and more generally – new technologies are unavoidable and indispensable, which is why there is a strong gap between entrepreneurship and human society: Western governments are no longer able to keep up with the existing social models which they are most or less immersed and now they are also losing control of the economy.

The coup de grace will be given by the liberalization of cryptocurrency (bitcoin and similar): governments will receive less taxes and their liquidity will suffer a sharp contraction, thus will skip the western monetarist model and everything else afterwards! In the West less and less is being produced thanks to the evolution of autonomous automatic processes (which have canceled the marxian prediction “man will be an instrument of machines”) which are causing a strong reduction in consumers due to galloping unemployment and insertion of the low-cost production model implemented in non-Western areas, this has no additional social costs to production, nor costs related to social protection …

Unfortunately, the choices of some Western governments are to reduce the interference of the state in their social and productive system, without realizing that they are heading towards a regression, leaving free the alienation of their territories.

A true own goal!

To avoid this, the States should go back to “doing business”, that is to reduce the excess of foreign goods and investments, placing at the top of the list the creation of their own productive jobs, able to perform at least a minimum of contrast.

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Lorenzo Romano

lorenzo.romano@alice.it

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