L’enigma De Donno medico vittima di una occhiuta persecuzione

Salutiamo in Giuseppe De Donno un medico di altri tempi; uno di quelli che attenzionavano il malato prima che la malattia, che prendeva sul serio il giuramento di Ippocrate, che non guardava l’orologio durante il suo lavoro, che curava anche senza farsi pagare.

Troppe domande nella storia che lo riguarda, sia da vivo, sia per come è morto restano senza risposta.

La sua ultima scelta professionale andava in queste direzioni: lasciato l’ospedale Poma a Mantova, di cui era primario pneumologo, era andato a curare i pazienti come medico di base con quell’amore e spirito di sacrificio che la fede cristiana alimentava in lui. Devoto di San Pio da Pietralcina, di cui era compaesano, pare  progettasse la creazione di un centro clinico nel quale potere continuare a salvare gli ammalati (non tanto i “contagiati” dal covid, ma i sofferenti e con sintomi gravi) come aveva già fatto in ospedale con la terapia del plasma immune. E già! La terapia, che per De Donno fu croce e delizia, ma che per tanti fu salvezza. Ricordiamo per tutti il caso di Pamela, afflitta a 28 anni da Covid-19 ed in gravidanza, che ora è mamma di Beatrice Vittoria e che lo ha definito “il mio angelo custode”.

A inizio di pandemia, nel suo epicentro, quando nella Lombardia piagata si accatastavano i morti e non c’era il vaccino, all’Ospedale Poma di Mantova e al San Matteo di Pavia non moriva alcuno dei ricoverati, neppure quelli in gravi condizioni. Come? Con una terapia che ha due vizi fondamentali: è semplice ed a costo bassissimo, essendo basata sulla trasfusione di sangue. Il plasma immune, recuperato da soggetti guariti, possedeva ancora gli anticorpi sviluppati dal sistema immunitario per sconfiggere il virus e, iniettato nel paziente con sintomi gravi, abbatteva la carica del virus maledetto. E’ un metodo già applicato con altre malattie infettive.  Andava bene per individui gravemente malati di COVID-19 e non è alternativo al vaccino, di cui De Donno non fu oppositore.

Ma poi …. insulti, invidie, snobismi e silenzi organizzati contro De Donno, come contro ogni tentativo (pur riuscito) di lotta al virus diverso dal vaccino-messia. Ne sanno qualcosa i sostenitori delle cure domiciliari precoci, che il ministro Speranza continua a non voler ascoltare. I mantra dominanti “tachipirina e vigile attesa” e “solo nel vaccino è salvezza” non tollerano altre possibilità (anche non alternative), nonostante le positive esperienze sul campo di centinaia di medici dimostrino il contrario.

E fu così che la terapia col plasma immune venne snobbata e ostacolata, salvo poi trasferirne la sperimentazione in Toscana togliendola a Mantova e a De Donno.  Non se ne parlò più fino all’aprile 2021 in cui venne bocciata da uno studio promosso dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Agenzia italiana del Farmaco. Tutt’altro esito negli Stati Uniti dove ricevette già nel maggio 2020 tutt’altra attenzione.  L’amarezza di De Donno fu grande e certamente alla base del suo abbandono dell’ospedale per andare a fare il medico di base. Forse fu anche il fondamento della sua scelta di suicidarsi? Vedremo le conclusioni delle indagini dei Carabinieri su eventuali responsabilità di terzi se fu veramente/solamente suicidio. Eppure quell’uomo, semplice e mite, aveva deciso a 54 anni di iniziare un nuovo servizio del suo prossimo; appena dal 5 luglio scorso con la fila dei pazienti dietro la porta.

E ancora: un medico si suicida con l’impiccagione? Ha lasciato Laura con cui era felicemente sposato e due figli, senza neppure un biglietto di spiegazione. Aveva dimostrato la stoffa del combattente. Insomma non sembrava nelle condizioni di chi vuole farla finita. Un suicidio indubbiamente molto strano. Ma, anche se suicidio fosse, è normale che un medico generoso che ha salvato tante vite, venga ridicolizzato dai media fino a quell’esito di morte?

 A noi l’onere di coltivarne la memoria come ha fatto fra le lacrime il sindaco di Curtatone, suo amico: “Giuseppe era una persona straordinaria. Ho avuto il privilegio di essere al suo fianco nella prima fase del lockdown e ho visto quanto si è speso per i suoi pazienti. la storia lo ricorderà per il bene che ha fatto”. Preghiamo poi perché possa trovare ora quella serenità che non gli è stata concessa in questo mondo.

Ma aldilà del dramma dell’uomo e dell’efficacia del metodo di cura, aldilà delle polemiche sul vaccino che non riguardano questo caso luttuoso, rimane in piedi una domanda immensa: “perché di curare il covid non se ne deve neppure parlare ed ogni scelta diversa dal ‘vaccino-messia’ viene brutalmente silenziata?”

Diego Torre

Nota

Abbiamo già espresso in questi giorni la nostra indignazione per la drammatica conclusione della storia di Giuseppe De Donno. Lo avevamo sostenuto e difeso nel corso della sua grottesca, assurda e terribile vicenda (vedi il nome nel motore di ricerca). La storia infinita di un medico nell’era del Covid, reo di aver sperimentato una cura semplice, di sicura efficacia, ben poco costosa e con nulla di ‘esotico’ come i vaccini venuti da lontano ed anche da vicino.

Ciò che succede in Italia – dove s’era vantata la migliore sanità del mondo – è ormai scandaloso. Occorrerebbe fare il conto di tutte le denunce degli ultimi tempi e di quelle che verranno, a dispetto di quella parte del personale sanitario che ha dimostrato abnegazione al limite dell’eroismo

Evidentemente il Covid ha svelato una deriva fatta di inefficienza e interessi venali ad alto, medio e basso livello. Il colmo è sapere che il ministero paga agli ospedali ‘i morti’: esattamente, coloro cehe muoino – uno per uno – dentro le loro mura. un premio – ovviamente – per averlo gestito. L’interesse economico non è più guarirlo, ma …provvedere, specie se anziano, ad una ‘bella eutanasia‘!

La deriva verso chi giustifica i medici che …lasciano morire il malato privandolo dell’idratazione, immolandolo sull’altare di questo nuovo mito, dell’ennesimo totem di una società in cui s’insinua il massimo consumismo e il paganesimo, è ormai in corso. L’eutanasia – lo voglia o no l’interessato – sembra ormai una pratica comune, un rimedio di fatto, di fronte al male estremo: questo viene ritenuto facilmente null’altro che un fastidio nell’iter di una società che sempre più chiede all’individuo di ‘consumare’.  Qualunque cosa – e, di regola, lo ottiene, facendo salva qualche eccezione…

(Germano Scargiali)

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