Dall’idealismo mentale figlio di Marx alle stupidaggini di Di Maio

Galileo Galilei fra Isacco Newton e Giovanni Keplero: Galileo spiegò al mondo che cosa fosse una verità scientifica. Il suo assunto, pur concepito sul terreno della fenomenologia fisica apparente, non può dirsi tramontato… Ignorarlo ancor oggi è pura follia.

Il riferimento al marxismo ha lasciato, purtroppo, una pesante eredità ideologica nella nostra società. Si stenta anzitutto, nell’interesse sociale, a comprendere come debba rifondarsi un socialismo non marxista e che l’attenzione per il sociale prescinda dal social comunismo così come è stato concepito e vissuto fra l’800 e il 900.

Peggio del contenuto idealistico specifico, è l’approccio idealistico ai problemi e alla realtà, che continua ad essere, in ambiti dell’odierna “sinistra” e in “movimenti”, come i 5Stelle, Podemos, Syriza, tale da condurli lungo percorsi mentali ascientifici. Lo si vede platealmente dal come trattano i problemi, a partire dall’ecologia e simili. Guardando fra le righe ci si può accorgere che questi movimenti giovino a chi vuol “rompere i giochi”, impedire la governabilità. Come è avvenuto in Italia a danno dell’alternanza e del patto del Nazareno, due modi per instaurare anni di “pax politica”… Da osservatori siamo convinti – non da soli – che la destabilizzazione sia voluta dall’alto, dove c’è molto denaro, tale da finanziare, corrompere e condizionare… Motivo? Lo stand bye  da mantenere a vantaggio del poter guidare da dietro le quinte e nell’attesa che maturi il momento per poter “vendere” più caro ciò che può esser venduto o …appropriarsene.

Era tipico di Marx – tornando al sociale e alla cultura diffusa – l’approccio idealistico ad ogni problema. Figlio ultimo genito, nato nella stanza, ormai chiusa da pareti anguste, dell’idealismo fondato dal pur grande Platone e ripreso da Hegel, l’autore del Capitale e del Manifesto, è nella sostanza non solo un filosofo di piccola statura, ma un demagogo che sfrutta in modo meramente populista gli aspetti ammaliatori di tutto l’idealismo.

La storica dottrina platonica, così fascinosa da contaminare anche i suoi contestatori – più apparenti che reali – razionalisti, da Aristotele a San Tommaso, a Cartesio, fino al “criticista” Kant, ritiene che le idee siano più vere della realtà, intesa come l’umanità solitamente la intende: non possiamo – è vero – esser certi di come sia la realtà, quanto siamo certi dell’idea che ne abbiamo. Tale modo di ragionare diventa, però, una prigione e termina in quella stanza buia e chiusa dell’idealismo filosofico in cui finì anche, tardivamente, Benedetto Croce. Si dice che Giovanni Gentile, almeno, abbia aperto le finestre: è una battuta… Quanto ai “pilastri” Socrate e Kant, non a caso finiscono ad essere citati meno degli altri, perché, finiscono per fornire indicazioni più che risultati: Socrate sta a Kant come la sua maieutica sta al criticismo del filosofo tedesco. Ambedue, purtroppo, sono idealisti nella sostanza. Non restano da consultare che filosofi meno “gradi” del passato (Parmenide, Eraclito, Democrito, Pitagora, persino Seneca) e, fra i recenti, Vico, Schopenhauer, Nietzsche e persino Saint Simon. Scusateci per la “bestemmia”, ma ne abbiamo elencati quattro nel cui pensiero c’è qualcosa di “serio”.

Tornando a Marx – per quanto paradossale sia quanto appena detto – coerentemente alla matrice di pensiero cui aderisce, si atteggia soprattutto a filosofo della storia e compie una previsione che i due secoli seguenti hanno smentito drasticamente. Non entriamo in questi particolari, perché vi sono anche i nostalgici che cercano di ritrovare in ritardo i semi della correttezza di quelle “idee”. Esse avevano – a ben vedere – la sola scientificità della fantasia del loro sostenitore, ma… La scienza moderna – riconosciamolo – nacque all’indomani della morte di Kant e di personaggi come Malthus. Videro solo la vigilia dell’era industriale e credere che possano ancora dirci qualcosa sui temi che credettero di affrontare è follia, ma …c’è chi lo fa.

Le contraddizioni di Marx non si fermano al poco. Il suo pensiero parte, sulla scia di Hegel, dalla fede nella dialettica storica. La storia dunque è caratterizzata da un processo evolutivo. D’accordo, ma dov’è l’errore? Ebbene, consiste nel fatto che Marx crede di sapere “come andrà a finire” e …neppure tanto tardi. A causa della malignità della classe imprenditoriale, avremmo assistito ad un progressivo impoverimento dei lavoratori. Per questo …la rivoluzione avrebbe portato prima al socialismo (mero passaggio intermedio) e poi al comunismo. In tale ottica germinò il fallace concetto che …progressista fosse tutto ciò che accelerasse questo “ineluttabile” cammino…

Ci pare che abbiamo visto come socialismo e comunismo reale non risolvano “il problema” del sociale, ammesso che questo sopravviva al progresso nella forma in cui lo vedeva Marx, Engels etc. Anzi, i due reggimi provocano anche svariati altri mali sociali. L’errore è di prospettiva: i “veri problemi” da risolvere non sono tanto materiali, quanto andrebbero cercati attorno a temi morali, civili e culturali. Oggi, poi, la presenza dei super ricchi a fronte dei super poveri, di regola poco già toglie al benessere diffuso che comunque perdura, tolto il terzo mondo. le ingiustizie, a grande e piccolo livello, sono dovute, come credeva Marx, alla sfera economica, cioè al confronto fra datore di lavoro e lavoratori, bensì alla sfera della finanza, alla prepotenza della realtà bancaria, ai giochi di borsa, alle bolle, al tentativo di mondializzazione e del “nuovo ordine mondiale”. Siamo di fronte ad una realtà planetaria differente dai secoli passati, che nessuno, appena 50 anni fa, poteva immaginare. Si dice sia stata anche “progettata” dal massimo potere finanziario americano – i Rothschild che controllano quasi tutte le banche del mondo, con esse la politica e i massimi media – ma non è certo.

Ciò che si prospetta a breve nel nuovo millennio era impensabile da parte del pensiero corrente e dello stesso pensiero colto, ma l’ottimismo è d’obbligo e va deposto sull’altare della prorompente tecnologia che procede in modo esponenziale. Se gli uomini di oggi vivono nell’anticamera della fantascienza, i figli entreranno nella stanza… La stessa tecnologia sarà in grado di curare i suoi difetti e i suoi limiti (guardiamo alla medicina che sopperisce a certi problemi nell’ambito dell’alimentazione), mentre la ragione prevarrà, come è già avvenuto nel trend della storia, pur fra errori e omissioni…

Tornando alle “nuove sinistre” ed ai movimenti connessi e similari, il limite ed il difetto peggiore è proprio quel continuare a ragionare inseguendo una dialettica meramente ideale e logiche astratte. La visione idealista di tipo platonico contaminò momenti storici e culturali come l’illuminismo e poi la sinistra e la destra hegeliana. Dentro tale alveo, sia il social comunismo che il nazi fascismo, credettero che l’idea della storia che avevano maturato fosse più importante del fenomeno, della fenomenologia in sé. Senza accorgersene calpestavano anche Galileo. Sembra un paradosso, ma il nazifascismo era meno “malato”. Anzi fu caratterizzato da una reazione razionalista, dal futurismo e da evidenti aspirazioni tecnologiche.

Il Rinascimento resta il miglior momento della storia, per l’atteggiarsi del pensiero umano in una prospettiva scientifica ed anche religiosa. Intesa quest’ultima in senso lato. Il Rinascimento coltivò con troppa “spavalderia” delle certezze che poi vacillarono e generarono, anche, delle vere “invenzioni” di carattere morale e civile che crollarono presto. Da qui la Rivoluzione francese con tutti i suoi eccessi e le nuove illusioni. Da qui la crisi artistico mentale del Barocco e il Risorgimento…

Tanto male può dirsi degli errori e delle guerre del 900, ma quel secolo che coincise con un progresso tecnologico superiore a quello dell’intera storia umana precedente, ha coltivato anche il sogno della giustizia sociale, del welfare, dell’auto determinazione dei popoli: obiettivi ben delineati, ma lungi dall’essere ancora delle conquiste.

Ecco, dunque, il mondo di fronte ai suoi traguardi da raggiungere. Perché sia chiaro: l’idealismo è un grande errore, ma non lo sono i traguardi ideali che l’umanità e gli individui concepiscono. Possono e “devono” continuare ad averne. L’idealismo è “forma mentis”: è un atteggiamento che condiziona il giudizio. I traguardi ideali sono già che il pensiero concepisce al lume della ragione e della realtà. O, anche, gettando l’occhio oltre la siepe, oltre l’ermo colle che nasconde l’orizzonte, ma non la fantasia, la creatività, che sono legittime e supporto basilare all’invenzione e al progresso. L’importante è non vedere le idee come stereotipi

Oggi c’è chi gioca sull’equivoco per seminare lo scontento e la paura per trarne profitto: rilanciano i vecchi timori ottocenteschi, facendo leva su sentimenti ancestrali mai abbandonati dall’uomo, assorto spettatore di un cosmo che lo schiaccia, iniziando con imporgli la brevità della vita. Occorre riconoscere fra le pieghe delle illazioni che cosa ci sia di scientifico e di tecnico o di, ancor più semplicemente, “vero”. Non lasciamoci “turlupinare”, né dai proditori futurologi interessati all’approfittamento, dai venditori di mega elisir d’amore, né dagli ipocondriaci, diffusi ovunque, disposti a temere che il cielo cada loro addosso, prima o poi, secondo pronostico, oppure all’improvviso. Consideriamo anche che l’alternativa, proposta oggi contro il buonsenso suggerito dalla ragione e dalla tradizione del pensiero maturata nell’Età moderna, sembra spingere la società verso il nichilismo e lo stesso sconforto, verso l’indeterminatezza ideale (che è un’altro male), verso il “relativismo etico“, spacciato – peggio ancora – per una conquista liberale! Le libertà che la società deve pretendere non sono quelle! Chiediamo, invece, che venga garantita sempre più la libertà del pensiero in genere, dell’arte, della crescita individuale! Quest’ultima, a dispetto delle apparenze, è la più ostacolata.

_______________________________

Per capire la stupidità del modo di pensare idealistico, riportiamo un concetto di Di Maio (5 Stelle) espresso una di queste sere in tv. Di Maio ha detto che, per risolvere il problema dello sviluppo in Africa, gli europei dovrebbero limitare le emissioni di CO2 da parte delle industrie etc. A parte, l’urgenza di innescare in ben altro modo lo sviluppo dell’Africa, già nell’interesse del Mediterraneo e dell’Europa. Si afferma che una riduzione – del tutto lenta, ma soprattutto improbabile o impossibile – delle emissioni in Europa nel loro complesso, possano determinare un mutamento del clima dell’Africa. E’ un continente che scende sotto l’Equatore ed è così grande da poter contenere nel solo Sahara l’intera Australia… Oltretutto è bagnato dagli oceani, contiene fiumi e laghi, grandi depuratori dell’atmosfera… L’eUropa non inquina neppure tanto da impedire a se stessa di essere in pratica, rispetto al territorio – a dispetto di Usa, Cina, Russia e Giappone – la massima realtà economica mondiale. Come si vede, siamo oltre i confini della demagogia, nel territorio in cui regnano l’ignoranza, il ridicolo e l’assurdo…

Non esiste – per inciso – una sola prova scientifica che sia in atto il surriscaldamento, che sia naturalmente irreversibile, che sia influenzato dalle emissioni. Sono solo delle supposizioni, sia pur scientifiche, dei semplici timori…

Articoli correlati