La violenza corre sui social

Le recenti vicende del terribile omicidio di Giulia Cecchettin per mano dell’ex fidanzato Filippo hanno profondamente turbato l’opinione  pubblica e spingono ad una riflessione di carattere storico.sociologico su

quali siano state le origini della supremazia degli uomini sulle donne e della cosiddetta cultura patriarcale.

Le origini della cultura patriarcale risalirebbero addirittura a 1oooo anni fa, secondo il famoso saggio di F. Engels “Sull’origine della proprietà privata, della famiglia e dello Stato”: in questa antichissima epoca, che

segnò il passaggio dall’età paleolitica all’età neolitica, l’uomo primitivo avrebbe scoperto l’agricoltura e l’allevamento di alcune specie di animali. Secondo Engels sarebbe nato così il senso della proprietà privata, che avrebbe portato ad una serie di conseguenze, fra le quali una trasformazione della famiglia e dei rapporti fra maschi e femmine. Nell’età paleolitica invece sarebbe esistito una sorta di comunismo primitivo e maschi e femmine dello stesso branco si sarebbero divisi i compiti: mentre i maschi praticavano la caccia e la pesca, le femmine del branco si occupavano della raccolta dei semi e dei frutti che la Natura offriva spontaneamente, perché più deboli e gracili per costituzione e in più gravate del peso dei figli.

Funzione importantissima però la loro, perché assicuravano una fonte di nutrimento costante al branco e imparavano a costo della vita a distinguere quali piante fossero commestibili e quali velenose.

Non esisteva ancora la proprietà privata perché le prede catturate con la caccia e la pesca  dovevano essere consumate subito e venivano distribuite fra tutti i membri del branco, in una specie di comunismo primitivo.

I rapporti sessuali erano modellati sulle usanze degli altri mammiferi,  cioè non esisteva la famiglia mono (un solo maschio una sola femmina e i loro figli), ma in ogni branco un maschio dominante per forza fisica e abilità nella caccia aveva il diritto di accoppiarsi con tutte le femmine, finché non veniva soppiantato da un maschio più giovane e forte; in questo regime di promiscuità sessuale i figli prendevano il nome della madre (discendenza matrilineare ) ed erano considerati figli di tutto il branco.

Le cose cambiarono quando l’uomo primitivo scoprì come allevare certe specie di animali e seminare certe piante da cui poteva ricavare cibo: nacque la proprietà privata e nel maschio il desiderio di possedere

stabilmente certi beni e, alla sua morte, di lasciarli ai suoi figli, con la certezza che fossero sicuramente suoi.

La donna venne assoggettata con la forza e divenne proprietà dell’uomo, i figli portavano ora il nome del padre (discendenza patrilineare), la donna era obbligata alla fedeltà e se trasgrediva veniva punita con la

morte, mentre l’uomo poteva accoppiarsi liberamente con altre  donne e avere altri figli, anche perché il periodo di fecondità maschile dura più a lungo di quello femminile.

Questo modello di società si è diffuso in tutti i continenti ed è durato per millenni, lasciando tracce profonde nel linguaggio, nelle usanze, nella psiche profonda di uomini e donne.

Da appena due secoli sono nati i movimenti di liberazione delle donne per conquistare il diritto di voto (movimento delle suffraggette), la parità di salario per svolgere mansioni uguali, il diritto di accedere a tutte le carriere, la parità di diritti all’interno della famiglia nella scelta del luogo di residenza, nell’educazione dei figli, nella suddivisione dei compiti, la libertà di scegliere con chi  accoppiarsi e con chi no, la libertà di poter

lasciare un uomo, senza per questo essere punita o addirittura uccisa.

L’uomo di oggi ha subito gli effetti di questa rivoluzione, senza poterla impedire o controllare e si è visto privare di un potere di controllo e punizione che da millenni era abituato ad esercitare, protetto dall’impunità di una legge, che non era uguale per tutti e tollerava il delitto d’onore e il matrimonio riparatore;  è  naturale  che  molti uomini d’oggi si sentano smarriti e disorientati e reagiscano con violenza.

Lungi dal giustificare la violenza, che deve essere sempre punita dalla legge, ci chiediamo perché l’ultimo femminicidio abbia suscitato un tale coinvolgimento emotivo rispetto alle altre centinaia di casi, che si sono verificati in Italia solo quest’anno; forse il motivo sta nella giovanissima età dei due protagonisti e nei loro visi di “ragazzi della porta accanto”, che ci spinge ad interrogarci:e se fosse toccato a me? Quanto

conosciamo i nostri figli? Chi deve intervenire per evitare che la solitudine e l’insicurezza possano procurare simili tragedie?

La prima fonte di educazione resta la famiglia, che attraverso l’esempio dei genitori insegna il rispetto per la persona degli altri, siano i coniugi, gli anziani, gli educatori e gli stessi figli, che vanno ascoltati e talvolta puniti, ma sempre spiegando loro i motivi di tale punizione e senza il ricorso a mezzi violenti. Una proibizione, la rinuncia ad un gioco, un “no” fermo, ma deciso insegna ai giovani ad accettare la sconfitta e li prepara ad affrontare la vita con le sue durezze, senza crollare di fronte alla prima delusione. Senza inutili rimpianti verso un passato, che aveva i suoi grandi difetti, non dobbiamo però ritenere che il progresso sia solamente legato alla modernità e che la felicità dei figli si faccia accontentandoli in tutto, senza mai negargli nulla. Ma spesso i genitori di oggi sono così assorbiti dai loro problemi da non trovare il tempo per educare i figli e si lmitano a riempirli di regali e di denaro, delegando ad altri il compito della formazione spirituale dei loro ragazzi. Ecco che il compito passa agli insegnanti, che tuttavia vengono delegittimati dell’autorità del loro ruolo proprio dai genitori, che difendono sempre i figli, arrivando a denunziare i professori quando un voto nel profitto o nella condotta non soddisfa le aspettative della famiglia.

Chi potrebbe parlare con questi ragazzi e trasmettere loro la saggezza data dall’esperienza? Un tempo c’erano i nonni, però oggi non vivono più in famiglia, ma sono stati rinchiusi nelle residenze per anziani quando non sono autosufficienti oppure si sentono ancora troppo giovani e non vogliono rinunziare ad andare a ballare, ad allenarsi in palestra, a fidanzarsi…

In conclusione molti giovani sono sempre più soli e passano tutto il loro tempo chiusi nella loro camera a comunicare con i coetanei attraverso i social o a guardare video violenti e pornografici “postati” attraverso i telefoni digitali. Qualunque progetto educativo provenga dal mondo degli adulti sembra destinato all’insuccesso, sia l’educazione sentimentale da impartire a scuola, sia l’educazione allo sport che rafforzi il lavoro di gruppo, il rispetto per l’avversario e la capacità di sopportare le sconfitte, sia i messaggi educativi trasmessi dai media ufficiali.

Tuffiamoci dunque nei mondo dei social e scopriamo quali sono i messaggi che vengono trasmessi ai giovani riguardo all’uso della violenza e ai rapporti fra i sessi.

In un brano rap cantato da Elodie e Sfera Ebbasta si dice:

“Sei soltanto mia

mai più di nessuno

odio chi altri ti ha avuta

e fatta sentire al sicuro.

Se domani finisce è un problema

per te vado in galera”

Un certo Ennis Killer, altro cantante rap dice:

Volevo abbassare le armi

Ora dovrò spararti.

E le ragazze? Sembrano compiaciute di queste minacce, prendendole come prove di grande amore

Sono attratte non dai bravi ragazzi, ma da maniaci compulsivi che le controllano e le minacciano: una ragazza gira un video in cui il suo ragazzo controlla come è vestita prima di uscire e la obbliga a togliere la minigonna e ad indossare una tuta e tutta compiaciuta lo trasmette sui social. Un’altra ragazza, una certa Gaia di Tokio, canta ciò che le ordina il fidanzato:

“Torna a casa presto

 E fai la brava”

E lei, lungi dal lasciarlo immediatamente, è felice come davanti ad una grande dimostrazione d’amore.

Ancora più inquietante è il video che accompagna la canzone di una certa Sabrine Carpenter, dal titolo”Feather” in senso letterale “Piume” che in senso traslato indica un comportamento irresponsabile

Questa Sabrina è una biondina dal viso angelico che è protagonista di una scenetta horror: si trova in ascensore con uno sconosciuto, un bravo ragazzo in giacca e cravatta, dall’aria un po’ imbranata; lei lo provoca in tutti i modi e quando lui finalmente cede, lo attira a sé, tirandolo per la cravatta, ma gli sfugge mentre l’ascensore si ferma al piano. Il ragazzo resta impigliato per la cravatta nella porta dell’ascensore, che riparte, strozzandolo. Si vede il sangue che cola dalla porta dell’ascensore, mentre lei si allontana soddisfatta.

E’ veramente sconcertante l’atteggiamento di tante giovani ragazze, che sui social si mostrano contente di essere controllate dai loro uomini, come se la gelosia ossessiva e il controllo fossero una dimostrazione d’amore, che incitano a comportamenti irresponsabili e violenti, come guidare di notte a fari spenti, che si mostrano nude per pubblicizzare una canzone e poi si lamentano se ricevono maggiori apprezzamenti per il loro fisico che per la loro bravura, che ballano con mosse accattivanti e lascive, per ribadire che l’unica arma delle donne è l’uso del proprio corpo.

Ma è mai possibile che le donne stiano tornando indietro? Che un secolo di lotte, di sacrifici delle loro nonne e madri abbiano portato a questi risultati? Certamente LA VIOLENZA CORRE SUI SOCIAL

Mariceta Gandolfo e Lydia Gaziano

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