Le “leggi dei picciriddi”

Socrate invita a …partecipare e, come tanti oggi, vedeva i politici come geni del male. Ma noi, qui, pretendiamo di illustrarne anche altre caratteristiche…
Verissimo, ma Einstein, rande anche qui, non avrebbe mai obbedito all'ideologia...
Il più grande scienziato del 900 loda la libertà di pensiero e d’azione. Diceva anche che la scienza non è tutto, ma, certo, non avrebbe mai obbedito ad una qualunque mera ideologia…

Noi le abbiamo battezzate “le leggi dei …picciriddi”, ma ne fanno parte i provvedimenti, i decreti amministrativi, le norme cittadine e di quartiere, tutte quelle decisioni imposte dall’alto in base a quella che – ormai – non può neppure essere definita un’ideologia, ma una mera “mentalità”…

Ci riferiamo, nel piccolo della realtà locale, alle Ztl decise con una penna Bic o poco più su una mappa cittadina, perché “fa buono”, senza tener conto né delle strade alternative, né dei bypass, né dei parcheggi limitrofi ai decantati “centri commerciali naturali”. La verità è che non c’è nulla di naturale in tutto ciò e non c’è nulla di tecnico o scientifico al di fuori della fantasia e della mentalità di chi assume quelle decisioni: le leggi, appunto, dei …picciriddi.

Badate: basta chiudere il …centro storico e il conformismo è accontentato. Ci sono centri abitati lunghi meno di 100 metri effettivi, in cui il Sindaco si è affrettato a chiuderne 35 metri. Anche lì senza considerare che quella è “l’arteria” fondamentale nel quadro di un minimo di logica urbanistica. Ma anche i paesini da 100 mt hanno la loro piccola menzogna demagogica sull’inquinamento. Perché quel paesino che pensiamo è in riva al mare come Palermo. E’ ripulito da 30 MM di aria di mare e da una forte umidità notturna. Allora: o sono sbagliati i rilievi o metropoli continentali come Milano, Madrid etc andrebbero evacuate in giornata…

Caratteristica evidente di queste decisioni bambinesche è quella di non tener conto delle conseguenze, dei risvolti in senso lato, ma neppure in senso stretto, che esse comportano… Il primo esempio è pedestre, gli altri sono abbastanza elementari, ma le “leggi dei picciriddi” imperversano ad ogni livello. Alla base c’è soprattutto l’ideologia, ma ci sono anche l’ignoranza, la stupidità, la scarsa esperienza di vita, la scarsa esperienza che proviene dal “lavoro vero”. Che cos’è il lavoro vero? Che cos’è la vita vera? Quella che ti mette in condizione di risolvere problemi a 360 gradi e di competere con persone che non sanno che cosa mangeranno quel giorno (più o meno) loro e i rispettivi figli…

Un esempio elementare di “provvedimento da scemi”, è stata in tutta Italia la “tentata” abolizione repentina delle provincie, senza che fosse pronto un vero programma alternativo. C’è di peggio ed è di un’evidenza palmare: per abolire una istituzione entrata non solo nell’ordinamento giuridico, non solo nelle funzioni logistiche di un paese come l’Italia, peraltro distribuito verticalmente lungo i paralleli – cioè con differenze climatiche, ma anche sociali, ci

George Sand tesse la lode del lavoro: quello vero, diciamo qui noi...
George Sand tesse la lode del lavoro: quello vero, diciamo qui noi. Chi ha guadagnato il pane con una certa difficoltà smette presto di “fare il picciriddo”. Anche se saperlo fare, per gioco, resta un dono…

vili ed economiche come pochi altri al mondo – occorrerebbe preparare la popolazione sul terreno culturale o, quantomeno, dell’informazione con un’azione propedeutica che preparasse al cambiamento… Pensate che sono “sopravvissuti” i comandi provinciali, il medico provinciale, l’istituto di igiene e profilassi e tante altre istituzioni su base provinciale. Ma ve l’immaginate un partinicese, un termitano, un cefaludese che non dice più d’essere nato in provincia di Palermo? Quando studiamo una lingua straniera ne approfondiamo i costumi: sapevano che cosa fossero i costumi coloro che pretendevano in un attimo di abolire le provincie? Si parla di fare macchina indietro, ma il danno è già grosso. Magra e triste soddisfazione il solito: “l’avevamo detto“.

E’ possibile che tanti assessorati per materia fossero da anni talmente assenti dal tessuto del territorio da potersi mettere repentinamente nel nulla, decapitando la mano politica, gli aspetti democratici che – in qualche modo – legavano i responsabili delle singole funzioni amministrative ai risultati prodotti sul campo? Realtà di diritto e di fatto si fondono inevitabilmente in una realtà anche caratterizzata (sempre che lo fosse) da scarsa efficienza…

Ebbene, tanto per annotarlo, il “presidente” Crocetta ha voluto essere il primo in Italia ad affrettarsi ad abolire le provincie, ben sapendo che sarebbe stato l’ultimo a sostituirle con i nuovi organi, pressappochisticamente previsti a Roma. Infatti tutto il provvedimento sta implodendo, i responsabili sono scomparsi e le istituzioni, pur non avendo volto, non sanno dove nascondere la faccia.

Il risultato è infatti che si vede già che questi strani “Consorzi” (ma i consorzi esistevano già, erano altro e …non sono stati fortunati)  costano di più delle Provincie e mancano allo scopo primario per cui era stata intrapresa l’intera operazione. Sono difficili da attuare e non sono disponibili legislatori capaci di normare adeguatamente una realtà che si presentava già a primo acchito volubile e difficilmente attuabile… Ma lo stesso potrebbe dirsi del “diritto di famiglia”: si è stratificato nei secoli e nei millenni norma dopo norma, concatenando l’una all’altra. Vai a trovare legislatori capaci di modificarlo in pochi anni con l’introduzione di coppie gay, famiglie allargate, procreazione assistita, uteri in affitto etc. E’ già un …casino. Non potrebbe essere diversamente!

Quanto sopra, però, valga solo a far capire, riportandolo caso per caso, alle norme – ad esempio – in tema di ecologia, che sempre di “leggi dei picciriddi” si tratta. Sempre, o quasi, a provvedimenti del genere ci troviamo di fronte. Il motivo, purtroppo anche profondo, lo spiegheremo tra poco…

Frattanto, paragoniamo i provvedimenti suddetti, in materia di Ztl, provincie, ecologia, famiglia etc, che ci tocca conoscere e, peggio ancora, osservare adeguandoci, perché “lo Stato” ce lo impone, quanto è avvenuto in materia di “distretti produttivi”.

L’Unione Europea altro bel pozzo pieno di idee …luminose – ha ritenuto di imporre il formarsi di questi “distretti produttivi”, con caratteristiche “bellissime” orizzontali e verticali, che spaziassero sull’indotto di ogni settore produttivo. Essi avrebbero dovuto essere il “crogiuolo” di decisioni comuni, ma persino di acquisti consorziati, campagne di vendita e di marketing, ma persino pubblicità sulla domanda primaria, frutto di grande collaborazione, concordia etc.

Peccato che esistessero già i già nominati consorzi (qui ben altra opportuna istituzione, come associazione di associazioni e ditte) che già da molto tempo avevano – quanto meno – un’impostazione giuridica (ed ai quali si è finito inevitabilmente per far riferimento, pur malamente, onde normare in una qualche maniera i “nuovi” distretti”). Perché “il guaio” era che i distretti avrebbero dovuto decollare, ma state attenti: non avevano alcuna base né sul terreno giuridico, né in quello della tradizione commerciale, né del costume assimilato nel territorio (ma sì, usiamo questo termine abusato, almeno quanto il termine cultura, calpestandoli, come si calpestano ambedue). Ma, vedi caso, esiste una materia che è chiamata “Storia del diritto italiano”, la quale ammonisce, assieme alla filosofia del diritto, assieme alle norme generali del diritto, alla Costituzione (lex legum, la legge delle leggi) come vadano concepite, scritte e promulgate leggi che, poi, hanno effetto sulla vita della gente o, come in questo caso, addirittura sulla assegnazione dei famosissimi o “famigerati” fondi europei.

E qui nasce una sorta di “pantomima“: è la “solfa” di vecchie idee ripetute che si tenta di contrabbandare per nuove, di conferenze ripetitive, di termini che cambiano per dire la stessa, identica cosa. Immancabili inglesismi per nascondere il vuoto della realtà. Come sempre: parole, parole, parole… Laddove, come ben sappiamo, servirebbero i fatti. Urgentemente. O no?

La verità è che qualche raro “distretto” funziona, persino benino. Ma solo quando – di fatto – dispone di un capo carismatico. Tutt’altro spirito, quasi all’opposto, di ciò che aveva sognato la …legge dei picciriddi. Anche perché in Sicilia – come disse ridendo un imprenditore – …non ci si mette d’accordo neppure su come organizzare la festa del paese. Che dico, …del rione.

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A suffragare la definizione delle “leggi dei picciriddi”, ecco quella sulla legittima difesa: qui siamo di fronte ad un vero caso pietoso. Stendiamo il fatidico velo? Ma no! Val proprio la pena di girare il dito nella piaga della nostra politica e dell’amministrazione, dal comune di Roccacannuccia a Bruxelles: l’ufficialità ci delude amaramente, chi dovrebbe guidarci fa ridere e/o piangere…

Come si fa a fare del “buio notturno” la discriminante, cioè l’elemento giuridico, il “fatto”, che “fa la differenza” fra la legittima difesa e l’eccesso di difesa? E’ ovvio che, se il “fattaccio” avviene nel deserto di una domenica pomeriggio o altro giorno festivo, nel deserto cittadino creatosi per una qualunque edizione Italia-Germania o Juve-Real, le condizioni possono essere identiche o peggiori di una serata di sabato in cui è calato il “buio”, ma le strade frequentate come …a midì e il vicino è pronto ad intervenire, vedere, aiutare. Forse…

Ma l’idea balorda della notte – per chi ha studiato, anche mediocremente il diritto, ma sì, legge, giurisprudenza – nasce dalle vecchie parole del diritto romano, il quale stentoreamente specificava “nec vi, nec clam, nec precario“, la terza delle cui allocuzioni avverbiali si riferisce ad altra fattispecie (ad esempio all’appropriazione indebita di un  abusivo nel proprio appartamento). Ma quel “con la forza” (vi) e quel “circostanze che favoriscono una situazione di clandestinità” (clam) restano impresse… E, fra le circostanze favorevoli al ladro e all’assassino, si è fatto sempre “l’esempio” del buio della notte. Il giudice ne tiene puntualmente conto. Ma è un’aggravante! Che “cavolo” c’entra con l’atteggiamento di chi reagisce per legittima difesa?

La triste realtà è che i nostri politici – per non dire che trattasi del Pd – brancolano fra vaghi concetti di cultura liceale e scarsissime rimembranze di cultura universitaria. E’, lo ripetiamo, un pianto! Del resto, purtroppo, anche molti insigni nostri “columnist” non vanno oltre. Quel’era la cultura del compianto Giorgio Bocca, se non quella da caffè? E G.P.Pansa, col noto commentatore ancor caldo, non esitò a stigmatizzarlo impietosamente… E’ la cultura italiana che va rifondata: la nostra è diventata la lingua della Chiesa, il mondo parla italiano grazie alla  musica, ma l’italiano medio sa appena che la Butterfly fa karakiri e che, comunque, …all’alba vincerò! per non parlare di sinfonica e tanto meno di jazz. Paganini, però, non ripete. Questo lo sanno tutti. Eran 300, eran giovani e forti, ma la cosa sicura è solo che …sono morti.

Una di queste sere, da “uno dei 5Stelle“, vengono in tv apparenti …sante parole: “questa legge prova solo che il Pd non sa fare le leggi”. Da che pulpito viene la predica! Sono quelli che hanno rifiutato le olimpiadi, il nuovo stadio a Roma, il Ponte sullo stretto. Il peggio, però, è rappresentato dai motivi addotti. Sono fuori da ogni realtà, più che mai malati di raccogliticci elementi ideologici. “Religio” diceva Lucrezio (tantum r. potuit suadere malorum). Ma il grande poeta romano si riferiva non tanto alla religione dei suoi tempi – che poco condivideva – quanto alla …stolta superstizione. Se avesse conosciuto i 5Stelle…

Ora vorremmo avere il dono della lapidarietà tacitiana per venire al “dunque”. Ideologia, o mentalità che sia, detta che le decisioni vengano prese con il medesimo spirito con cui vennero scritti Il Capitale di Marx o La questione meridionale di Gramsci. Tali opere, di cui tanto, purtroppo, si parla persino oggi, contengono il solo valore scientifico della fantasia di Marx e di Gramsci. Sono secoli, almeno dal tempo di Galileo e Newton, che non si può più ragionare così, ma la “mentalità” che accompagnò per millenni la razza umana – che consideriamo pregevole e nella quale qui abbiamo evangelica fiducia – resta ancora legata in una allarmante percentuale all’Ipse dixit. Dove, come tutti sappiamo, Ipse era Aristotele. Ma, di fatto, non solo lui: chiunque avesse un’autorità… Oppure, in seguito, chiunque, come il Marcantonio di Cesare dipinto da Shakespeare, trascinasse “le folle” con adeguato “populismo”. Ma sì, anche qui, prendiamo in prestito questo ridicolo termine. Come ridicolo è l’aggettivo progressista, attribuito a chi crede di sapere già come andrà a finire la “Storia” e continua a credere di saperlo, anche dopo che la storia ha dimostrato come non vada a finire in quel modo! E’ esattamente il modo di ragionare adottato da Carlo Marx e Antonio Gramsci. Scusateci: non vogliamo essere irriverenti. Anzi non vogliamo infierire. Perché sarebbe “troppo facile” attribuire ai due il ruolo di un Socrate in scala minima e a qualcun altro quello di Aristofane che gli diceva più o meno: “sei tutto chiacchiere (e distintivi…), perché non mi insegni come pagare i debiti? Ripeto: non infieriamo!”

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Naturalmente si potrebbe dire molto di più sul tema. E si dovrebbe. Ci limitiamo, per brevità, a due riflessioni.

La prima è che, sul terreno meramente “ideale”, anche perché è l’idealismo filosofico e concettuale che contestiamo, rispetto a Marcantonio, “aveva ragione Bruto”. Questi, nell’orazione molto meno famosa che gli mette sulle labbra il grande Shakespeare, sostiene in modo chiaro ed estremamente apprezzabile i pregi della democrazia. Sì, Roma stava politicamente “degenerando” nell’impero e Giulio Cesare, con il suo notevole carisma, stava accelerando il fenomeno. Ma la storia non si ferma pugnalando un uomo, neppure con 23 pugnalate… Cesare restò il simbolo del buon comandante e viene considerato da illustri pensatori come T. Mommsen il primo imperatore romano. Alcuni lo considerano l’unico. La Russia chiamò Zar l’imperatore con questa parola che è la traduzione dal latino di Caesar.

Non è però, questo che conta: la storia procedette ugualmente perché segue “la propria” logica, che è un susseguirsi di fatti umani e, appunto, “storici”. Il paradosso continua, perché nessuno può negare come avessero visto bene – per altri versi – coloro che avevano in qualche maniera “moralmente torto”: Cesare, Marcantonio, Pompeo e Ottaviano, cioè colui che prese il potere e fu il primo vero grande imperatore dichiarato tale. Nipote di Cesare regnò a lungo e cedette lo scettro ad un altro grande imperatore: Tiberio. Furono tutti chiamati “Cesari”. Nessuno può negare che Roma raggiunse il massimo splendore, per estensione dei suoi territori, costruzione di strade, acquedotti, ponti, per la perfezione dell’architettura e della tecnica in genere, ma anche perché fu veicolo di emancipazione e civiltà nei lunghi anni dell’Impero. La sua rete viaria e le sue leggi furono il tessuto grazie al quale, attraverso il territorio, si diffuse ed affermò il Cristianesimo

Un esempio fulgido, quanto per altro verso negativo, di libretto filosofico e poetico che conduce ad una strada senza uscita è La Repubblica di Platone. Non è un caso: il filosofo ateniese, che, però fu di fatto un aristocratico e un anti democratico, illiberale, accusato perciò dal suo nipote Pericle, fu il fondatore dell’idealismo filosofico. Questa corrente – che tanto danno ha fatto – ha influenzato Marx attraverso Hegel e fu alla base dell’errore e dei limiti dell’illuminismo e della Rivoluzione francese. L’indubbio capolavoro platonico impone, infatti, assieme a tutto il suo pensiero, una visione fallace della cultura, che rende plausibile “predicare” l’avvento di una realtà ideale (idealismo filosofico) disegnando una forma politica e civile nata dalla sola inventiva, la mera “fantasia” di un uomo: la repubblica di Platone non è mai esistita prima di lui e mai esisterà. Gli errori del platonismo sono additati da molto tempo: se ne accorsero sul finire della loro vita Platone stesso e il suo principale epigono, Sant’Agostino… Il fascino di una certa impostazione – appunto ideale – è, però, notevole: la nostra mente avrebbe un ruolo da “arbitro” d’ogni realtà… Inoltre la perfezione sarebbe (anzi è) vicina, anzi presente (come per Parmenide), perché è insita nella realtà creata da un Dio perfetto. Essa sarebbe già anche nella mente umana, semplicemente ottenebrata (ecco una prima contraddizione) da errori dovuti ad egoismo, cattiveria etc. Sembra uno scherzo eh? Non lo è stato per nulla: ci hanno creduto in tanti!

Uno studio sulla politica va fatto – val la pena d’esser chiari – prendendo le mosse da forme storicamente esistenti, meglio se presenti, della storia, esaminandole alla luce di rilievi più precisi possibile e giungendo a proporre soluzioni per i problemi reali che lo “stato di fatto” presenta. Ciò, certamente, non escludendo di ragionare alla luce illuminante di traguardi morali che, fideisticamente, possano ritenersi opportuni… L’idealismo filosofico di tipo platonico è un grave errore, non lo è che ciascuno abbia dei traguardi ideali! Quindi il danno culturale e la mistificazione sono stati – nella storia del pensiero – incalcolabili. Un danno che nessun computer potrà misurare.

Resta fermo che la realtà futura, lungo il corso del tempo, presenterà puntuali sorprese a non finire, vedrà introdurre novità e dati, in conseguenza della cui previsione (meramente ipotetica nei particolari, ma certa, nella eventualità e nella inevitabilità) risulti tutt’oggi assolutamente “stucchevole” ipotizzare un futuro senza ancora conoscere le novità naturali e di invenzione umana che si succederanno nel futuro, anche imminente. Nessuno avrebbe previsto 100 anni fa quel che vediamo oggi… In modo balordo, invece, e del tutto ascientifico e “di fantasia”, lavorano molti ecologisti e futurologi di cui l’informazione mediatica, assetata di scandalismo, ci costringe ad ascoltare le “idee”. Essi prendono atto di un trend in corso e ritengono che possa avere conseguenze inevitabili, senza considerare che altri elementi (novità), primo fra tutti il progresso scientifico – ma anche nuovi eventi naturali e soprattutto socio civili – contribuiranno certamente a mutare questo trend. E’ successo già con il problema demografico: il catastrofismo dei tempi di Malthus e Falan è stato smentito e stroncato dallo spontaneo adeguarsi dei ritmi di procreazione di un mondo che, emancipandosi, smetteva presto di presentare una forte componente “proletaria”.

Germano Scargiali

Nota: un’altra norma “da picciriddi” è quella che premia la squadra calcistica che retrocede. Sembrerebbe che il premio partita i rosanero lo vincessero perdendo e che un bel premio finale lo riscuotessero in caso di retrocessione. Ottenuta la matematica certezza dell’agognato score, si sono “messi a giocare” sul serio ed hanno difeso il proprio prestigio: i migliori vogliono restare in serie A, lasciando il Palermo al suo momentaneo, anche se ricorrente, destino.

 

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