Lo Stato (G.B.) libero di uccidere e i cittadini costretti a morire

La vera offesa dei coniugi Gard allo Stato e al mondo di oggi: il loro fiducioso sorriso nella disgrazia

E’ nell’aria: una morale fatta di morte. Iniziamo l’articolo dalla musica leggera, finiremo dentro la filosofia, la teologia, l’economia, la politica. Perché qualcuno le calpesta, le fa a pezzi…

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Se il grande Domenico Modugno affrontò il tema serio della vita con la canzone “Il vecchietto dove lo metto”, oggi canterebbe forse “Il vecchiazzo come lo ammazzo”. Ma, in base ad errati principi utilitaristici e consumistici, che si vestono persino del colore di una “nuova morale”, lo Statalismo imperante fa sì che il sistema voglia impadronirsi della vita dalla nascita alla morte. Si è visto, nel caso opposto: non di un anziano, ma di un pargolo… Diverrà famoso, lo è già: Charlie Galt.

Charlie Galt per un po' senza il tubo della respirazione che, nell'inattività muscolare gli garantiva aria nei polmoni
Charlie Gard per un po’ senza il tubo della respirazione che, nell’inattività muscolare, gli garantiva la presenza di aria nei polmoni: lo hanno ucciso togliendo il tubo definitivamente…

“Dio non stacca la spina” ha affermato senza equivoci Papa Francesco. Lo Stato inglese sì. E facile aggiungerlo…

Una escalation a spirale in continuo movimento introduce e fa filtrare – volevamo dire …contrabbanda – concetti distruttivi rispetto a quanto ci insegnano anche la religione e la diretta lettura delle sacre scritture.

Aborto, fecondazione artificiale, utero in affitto, eutanasia, gender

Modernità? No, abomini condannati già da millenni.

Su tutto si stende longa manus il concetto generale del “relativismo etico” e di una libertà malintesa che straripa nell’arbitrio, purché non costi un centesimo allo Stato e inneschi momenti di consumo, anche costoso per il cittadino. “Al sistema – affermò P.P. Pasolini prima di morire, cioè molto prima che vi alludesse Gabbani sulla scia di papa Francesco – serve solo che i cittadini esistano al momento del consumo. Esistiamo, cioè, solo come consumisti”. Si dice che proprio per questo, nel consapevole sconforto di non poter far nulla, il Vate (P.P.P.) si sia lasciato andare e sia morto.

Se nella liberale Inghilterra, lo Stato con le decisioni autonome, assolute e assolutistiche di un suo Nosocomio, ha ucciso il piccolo Charlie Gard, calpestando i millenari dritti della patria potestà familiare del piccolo interessato, pensiamo a che cosa possa avvenire da un momento all’altro nel resto del mondo.

Siamo ad un assurdo morale e storico. Il liberismo (parola coniata da B. Croce accanto ad un fenomeno già esistente come liberalismo) nasce con Adamo Smith, proprio nel mondo inglese, assieme alla scienza economica contro l’assolutismo monarchico ed al suo dannoso “dirigismo”. Da allora passa attraverso il pensiero di personaggi altamente morali, come Giuseppe Mazzini e Luigi Einaudi in Italia, oltre che agli eccessi dell’austriaco Von Hayek. Ma, sia in Inghilterra, che in Francia e Italia (tutti liberali gli economisti nazionali, a meno che non si voglia considerare economista Gramsci) i liberali parlano il linguaggio di un liberismo che non è soltanto economico, ma anche morale e sociale. Così come lo concepiva in nuce Pericle ad Atene, il fondatore della fondamentale idea democratica. L’ideale di democrazia rappresenta un traguardo da raggiungere nella storia ed è inscindibile dal progetto di  consentire la massima libertà individuale: era esattamente questo il sogno (forse…) di Pericle.

Se anche guardiamo alla religione, il liberalismo, “accusato” solitamente di eccessiva “laicità” concorda con i fondamentali principi del Cristianesimo.

Si può dire correttamente, in ogni modo, che ciò che contraddistingue il liberalismo politico in ogni epoca storica è la fede nell’esistenza di diritti fondamentali e inviolabili facenti capo all’individuo e l’eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (eguaglianza formale). Il punto di vista dell’individuo e il godimento della libertà individuale è considerato il primo parametro valido per giudicare la bontà di un ordinamento politico e sociale. In quest’ottica i poteri dello Stato devono incontrare limiti ben precisi per non ledere i diritti e le libertà dei cittadini.

Ne può derivare, di volta in volta, il rifiuto dell’assolutismo monarchico, del clericalismo, del totalitarismo e in generale di ogni dottrina che proclami il sacrificio dell’individuo in nome di fini esterni a esso: è “il cittadino“, l’individuo, le citoyen, non lo Stato il protagonista, così come, secondo il Cristianesimo, non si va all’inferno o in paradiso per gruppi sociali, ma da soli…

Tale discorso trova una conferma storica e teologica. Il Liberalismo condivide con il Cristianesimo l’approccio giusnaturalista. Non è un caso che il riferimento bibliografico più utilizzato nel trattato di Locke sia la Bibbia. John Locke è stato un filosofo e medico “britannico”, considerato il padre del liberalismo classico, dell’empirismo moderno e uno dei più influenti anticipatori dell’illuminismo e del criticismo.

Ma i testi cristiani che più chiaramente esprimono le basi giusnaturalistiche del liberalismo e del liberismo sono proprio quelli dei suoi massimi teologi: Agostino d’Ippona nel periodo Patristico, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino. Pensate: sia Agostino che Tommaso, idealismo e razionalismo sulla stessa barca…

Il risvolto del liberalismo in materia religiosa resta, tuttavia, la laicità e la separazione tra Stato e Chiesa: “Libera Chiesa in libero Stato”, come disse G. Mazzini, condiviso dai grandi italiani del suo tempo, quali Gioberti e Cattaneo…

Tutto ciò conferma, però, la struttura “morale” del liberalismo che può considerarsi il padre del liberismo, se con questa parola intendiamo il solo risvolto economico. L’Unità d’Italia – chiariamo bene – nacque liberale con Cavour e divenne liberal democratica con Giovanni Giolitti. Garibaldi era notoriamente repubblicano convinto nel cuore e Massimo D’Azeglio, altro primo ministro piemontese negli anni ’50 dell’800 è definito moderato liberale, gradualista, legalitario e federalista…

Tutto quanto sopra non fa che confermare come uno Stato liberale, quale è storicamente la Gran Bretagna per antonomasia, non possa e non debba calpestare – come ha fatto – la libertà individuale.

Un'offesa al "sistema": la composta dignità dei signori Galt... Il mondo era disposto ad aiutarli...
Un’offesa al “sistema”: la composta dignità dei signori Gard… Il mondo era disposto ad aiutarli. Lo Stato britannico non ha consentito neanche questo…

La verità è che il “Caso Charlie Gard” deve mettere in allarme tutti coloro che amano la civiltà e la morale, come un altro fra i sintomi di una deriva la cui onda – siamo convinti – troverà un argine e un fenomeno di riflusso.

Quanto avvenuto in Inghilterra e avviene soprattutto nei Paesi Bassi e Scandinavia prende a calci quanto costruito da una civiltà millenaria assieme alle statuizioni di alcuni pensatori fondamentali, autentiche colonne del mondo moderno. La cultura politica inglese non può non considerarsi figlia del pensiero di Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 – Londra, 17 settembre 1994) che è stato un filosofo e epistemologo austriaco naturalizzato britannico. Popper è anche considerato un filosofo politico di statura notevole, difensore della democrazia e dell’ideale di libertà e avversario di ogni forma di totalitarismo. Spesso è giudicato il pensatore liberale recente per antonomasia: si parla anche di “poppermania”. Significativa – attualissima – in Popper è la sostanziale lode del dubbio, l’apertura critica… Essa taglia corto sui difetti della mentalità ideologica, che tanto male ha fatto fra l’800 e il 900 e fa tutt’oggi. Pur morto il socialismo reale, resta il relativo modo, l’approccio ideologico di affrontare i fenomeni: ecologia, cambiamenti climatici, immigrazione, epidemiologia, pari opportunità, eutanasia, gender…

Accanto ai pensatori già nominati dobbiamo assolutamente includere anche J. Maynard Keynes, l’economista liberista – inglese anche lui – di cui cerca di appropriarsi il pensiero socialista. In realtà dettò la ricetta, oggi tradita, che serve ad evitare le crisi (come quella del 1929) e combatte il fenomeno delle “bolle”. La crisi recente è stata dovuta all’aver trascurato (è quasi certo che sia stato per vili interessi) quella ricetta… Keynes è un socialista nella misura in cui potrebbe esserlo il Gesù dei vangeli: solo perché ha a cuore le sorti dell’uomo e dell’umanità, inclusi i deboli. Ma notiamo appena che per Gesù di Nazareth il saggio delle parabole è soprattutto il “pater familias”, il padrone che è stato comunque capace di possedere e mantenere i campi e l’orto, il boss etimologicamente inteso come “il principale”. Altre volte anche la donna e la madre, la Madonna stessa nel suo atteggiamento più umano e meno vicino al Cielo. Quanto detto prima, per inciso, non toglie molto, infatti, all’obbligo dello zelo e della morale da parte dell’individuo: all’obbligo, per la “persona”, di fare di più…

Dire a Gesù di essere un socialista – per esempio attribuirgli una mentalità sindacale, quella di una morale comune al di fuori dell’anima personale – significa proprio non aver capito: materialismo, legalità, forma da una parte; spirito, moralità, intimo contenuto dall’altra… Per Gesù – sempre più citato nei convegni filosofici – la morale sociale è solo il risultato di tante moralità individuali.

J.M. Keynes, a differenza di Friedrich A. von Hayek, vede chiaro davanti a sé il sogno umano di una vita abbastanza sicura “dalla culla alla bara”, come si dice negli stessi testi d’economia. Per Hayek, invece, il liberismo è talmente conveniente e produttivo da risultare comunque un vantaggio per la società: la ricchezza prodotto finirebbe “comunque” a tutti anche se con forte predilezione per i meritevoli…

orwell-12Le “sentenze” della corte inglese e del Consiglio d’Europa avrebbero fatto inorridire anche George Orwell, liberale convinto: additò con grande anticipo, anche lui dall’Inghilerra, i pericoli imminenti di una falsa democrazia. Esse sembrano, invece, avallare chiaramente il diritto dello Stato di riempire le culle e di svuotare, secondo una convenienza economica e una visione meccanicistica della morale, i letti dai malati. Siamo alle follie di cui il mondo post bellico ha accusato a lungo la logica sostenuta da Adolf Hitler

Germano Scargiali

 

Qui accanto un ritratto di G. Orwell quasi iperrealista.

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