Quella “fortunata” Italia delle ricostruzione

La scuola di un tempo: no comment…

Da un inciso su Giovanni Gentile, trucidato al mattino mentre usciva dal cancello della propria casa per aver firmato la riforma della scuola italiana sotto il fascismo ed aver “mostrato simpatie” per il regime, nasce questo articolo. 

Ci prendiamo, con un po’ di presunzione, la libertà di riscrivere una pagina di storia recente – speriamo liberamente – mentre il Fascismo è, ormai, improponibile, né si può paragonare all’emergente “sovranismo“…

La “Riforma Gentile” (1923), nata sull’ala dei principi di Maria Montessori, venne applicata in Italia fino al termine degli anni ’60. Aveva introdotto l’obbligo scolastico (fino alle elementari) e l’obbligo di residenza per gli insegnanti nella città dove avesse sede la scuola…

L’istruzione, a partire dall’alfabetizzazione generale, divenne un fine dello Stato, che interpretava una necessità e un’aspirazione sociale. Si dice, però, che servisse “al regime” per “indottrinare” i ragazzi al rispetto dei principi fascisti: si insegnava la “storia patria”, il rispetto per Roma e quel “po’ po'” di belle cose che erano avvenute nella Penisola fino all’unificazione dopo il Risorgimento. Sottolineiamo che, oltre alla culla del Risorgimento l’Italia era stata quella – di importanza storica mondiale – dell’Umanesimo e del Rinascimento. Ma anche del Barocco e del Neoclassicismo. C’era di che vantarsene? E chi lo sa? Ma si insegnava ad amare, anche, il famoso “regime”,cioè il governo d’allora. E questa non era cosa buona e giusta… D’Accordo.

Ma veniamo al punto.

Dovrebbe esser chiaro – dopo tanti anni –  che l’Italia dei primi decenni del dopoguerra rinnegò il fascismo soltanto con atteggiamenti di parte: gran demagogia, molta meno sostanza… Oggi, che il fascismo non è riproponibile, si dovrebbe rispettare meglio la storia. Vogliamo dire che le istituzioni rimasero, dal 1944 fino ad oltre gli anni ’60, “quelle” degli anni ’30 – ’40, anni che si sarebbero conclusi con un grande sviluppo, che avevano conosciuto un’ondata di benessere e modernità – proporzionalmente pari a quella del boom – che fu momentaneamente turbata dalla guerra.

Ma torniamo al centro del nostro interesse: L’Italia rimase per anni la medesima, se non  la stessa, nella cultura antropologica, nello spirito e nella struttura, oltre che, materialmente nell’amministrazione e nei palazzi (uffici, scuole, ospedali), ancor oggi, dopo oltre 70 anni – in gran misura – in uso. Per non parlare dell’esercito, i cui  “quadri” rimasero intatti. Come del resto avvenne  nell’ex Germania nazista. 

La Lancia Augusta.Con questa (giàdi qualità),laBalilla ela Topolibo gli italiani divebbero automobilisti.
La Lancia Augusta. Con questa (già auto di qualità), con la Balilla e la Topolino gli italiani divennero automobilisti. Gli italiani viaggiavano per la Penisola e i medici condotti si recavano ai domicili… Con i “camion” Fiat, OM, Lancia e persino Alfa Romeo trasportavano le merci. Segnaletica e pietre miliari conducevano alla …meta.  L’Alfa P2 dominava i gran premi (fra cui quello italiano di Tripoli) col primo motore con gli alberi a camme in testa. La tedesca Auto Union la contrastava …soffrendo, condotta a volte da piloti italiani. Né l’Alfa si creava problemi in mano agli stranieri.

L’esercito venne riformato nelle scelte di massima, ma non negli uomini, né nello spirito. Tanto è vero che nei nomi delle compagnie e delle camerate si inneggia all’Africa dell’ultima guerra  (Bir el Gobi), ovvero alle malefatte degli americani in centro Italia (Montelungo). Il Maggiore Castagna (siciliano), che resistette a Giarabub ai carri armati australiani fino al termine del conflitto (dopo El Alamein) venne promosso Colonnello quando tornò dalla prigionia inglese in India… L’Italia cantò per lui: “…Colonnello non voglio il pane, voglio il piombo per la mia guerra … e la fine dell’Inghilterra incomincia da Giarabub”. Paradossalmente tali parole coniate nel dopoguerra (in guerra Castagna era solo Maggiore e la canzone fu posteriore), si sono rivelate profetiche. Oggi per gli inglesi è un affare insegnare la lingua, mentre la storica Morris (Mini Minor e storicamente ben altro) appartiene ai “tedeschi”. Italia e Germania conducono appaiate in Europa in fatto di industrie di trasformazione (manifatturiere).

Torniamo ancora al nostro tema: tutta la “ricostruzione“, fino alle Olimpiadi di Roma nel 196o e il boom che da lì si sviluppò, fino a rendersi plateale (ma era iniziato prima), partendo proprio dall’Italia (dove fu coniato lo stesso termine) verso tutto il mondo, avvenne in uno stato e in una nazione che rispecchiava sostanzialmente quelli dell’anteguerra. Il governo era sostenuto da liberali e democristiani, che erano in gran parte ex fascisti. Né erano stati ristrutturati, nelle persone e nell’organizzazione, gli uffici, dove il rispetto per le istituzioni fu ancora (per alcuni decenni) quello sviluppatosi dopo l’Unità, con la performance di Vittorio Veneto e con l’escalation industriale degli anni ’30.

L’Italia si ritrovò già capitalizzato qualcosa che si chiamava: Eni, Montecatini, Fiat, OM, Ansaldo, Oto Melara, Cantieri Navali, Industrie conserviere, della moda e del cinema. Presto poté costituire L’Enel (organizzata con spirito privatistico) , un giocattolo con cui ha realizzato da poco in Nevada la massima centrale geotermica al mondo. Del resto la prima nel tempo era stata costruita a Larderello…

Oggi (sigh) non c’è 1 solo progetto relativo all’Etna. Mentre c’è chi – non a caso – marcia contro Larderello …perché inquinerebbe. Che cosa dunque, non inquina? Le risibili energie alternative propriamente dette, con le loro poche centinaia di incerti megawatt? Guardiamo i numeri: ne servono –  già oggi – migliaia h24. E ilboro, dai soffioni boraciferi, non “uscirebbe” ugualmente? Ma sono solo esempi… (G.S.)

Nota. Quanto alla decadenza dell’industria inglese pensi che anche ogni diritto sui prestigiosi marchi Rover, Land Rover e Jaguar, dopo una serie di fallimenti e vicissitudini già alla fine del 1900, sono stati trasferiti dalla Ford americana al il colosso indiano Tata Motors. Mentre anche la cinese la cinese Shangai Automotive Industry Corporation ci ha messo anch’essa in qualche modo le mani sopra, pur uscendo sconfitta (dagli indiani) nel tentativo di rilevare il tutto dalla Ford. I cinesi fanno i rivenditori ed hanno anche creato un “marchio – plagio” molto somigliante. Queste storie la dicono lunga sui meriti del compianto Sergio Marchionne e sulla stupidità di chi ne parla male. Più che mai: honni soit qui mal y pense, sia maledetto chi pensa male…

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